
Il lento percorso verso il Parco Nazionale del Matese

di Angelo Baldini
Esteso tra le province di Benevento, Caserta, Isernia e Campobasso, il massiccio montuoso del Matese è un’area dalla grande ricchezza naturale, vegetale e faunistica. Nonostante sia lontana dal tumulto dei grandi centri urbani, la zona può vantare una certa importanza storica fin dall’antichità. È stata infatti il territorio dell’indomito popolo dei sanniti, che diedero tanto filo da torcere ai romani; vide il passaggio del celebre condottiero Annibale; fu luogo di ritrovo prima per i partigiani realisti avversi a Murat e alle truppe napoleoniche e poi, dopo l’unità d’Italia, per briganti e reduci delle truppe borboniche.
Fondamentale poi l’apporto acquifero che il massiccio fornisce alle regioni Campania e Molise. Dalle sue pendici sorgono infatti importanti bacini idrici come i fiumi Biferno, Lete, Tammaro e Torano. A questi si aggiungono laghi naturali come il lago di Matese, il lago carsico (cioè di origine calcare) più alto d’Italia, ma anche laghi di origine artificiale: lago di Gallo Matese e Letino.
Il territorio è inoltre percorso da piccoli corsi d’acqua. Uno di essi è il torrente Sava che, prima di sfociare nel Volturno, attraversa la suggestiva Cipresseta di Fontegreca (CE), meta di tanti picnic e scampagnate all’insegna della natura.
Lentezze burocratiche
Il territorio gode comunque delle tutele riservate alle aree naturali protette da pochi anni. La prima area protetta funzionante è stata istituita sul versante molisano soltanto nel 1996: la Riserva regionale naturale di Guardiaregia – Campochiaro gestita dal WWF Italia e dai comuni di Guardiaregia e Campochiaro. A confine, sul versante campano, seppur l’Ente Parco Regionale del Matese fu istituito nel 1993, il parco venne aperto nel 2002, dopo nove anni di mancanti adempimenti amministrativi e burocratici.

Segno questo di un’area dalle grandi potenzialità non utilizzate a dovere per troppo tempo. In questi anni, comunque, grazie al lavoro di tante piccole associazioni e pro loco, è nato un sano tessuto turistico rispettoso dell’ambiente e in grado di preservare il patrimonio storico-culturale del territorio: percorsi per escursionisti, tour gastronomici e paesaggistici. Tra le tante mete meritevoli di visita, doveroso menzionare nuovamente la Cipresseta di Fontegreca, una piccola oasi boschiva bagnata dalle fredde acque del torrente Sava, o anche il percorso San Nicola che costeggia l’omonima cascata all’interno della Riserva regionale di Guardiaregia- Campochiaro.
Rianimare un territorio
Oltre alla lentezza della macchina politica-burocratica, il territorio ha dovuto affrontare negli anni tante altre problematiche legate ad un progressivo impoverimento demografico. Ancora oggi, le fasce più giovani della popolazione abbandonano queste terre, spesso per mancanza di prospettive economico-sociali a lungo a termine.
E proprio nella direzione di connettere, fare rete e tracciare una prospettiva lungimirante, si sono mossi gli sforzi di Legambiente che nel 2014 ha promosso gli Stati generali del Matese. Uno spazio fatto di eventi e manifestazioni che ha permesso ai cittadini e alle realtà locali di conoscere l’importanza di creare un unico parco nazionale protetto: il Parco nazionale del Matese.
Quattro anni di impegno e mobilitazione hanno portato ad un primo successo nel dicembre 2017, con l’approvazione in Senato della legge di bilancio per il 2018. In essa è contenuta una norma che prevede l’istituzione di un’unica area protetta per il territorio del Matese che unisca le due riserve precedenti.
Legambiente ha spinto per unire le due riserve e per fare un upgrade da regionale a nazionale per diversi motivi. Oltre al semplice riconoscimento di merito, lo status di parco nazionale offre la possibilità al nuovo ente di ricevere fondi economici più cospicui. Come confermato anche dalle parole rilasciate lo scorso ottobre ad AgroNotizie dal presidente del Parco regionale de Matese, Vincenzo Girfatti: «Non è una questione formale, perché serve ad avere priorità negli interventi pubblici da parte dello Stato e dell’Unione europea».
Fondi che, come ha ribadito lo stesso Girfatti devono essere inseriti in piani di investimento di ampio respiro, che tengano conto delle diverse esigenze del territorio, tutelando innanzitutto la sua ricchezza naturale: «Non basta essere inclusi in un programma o essere parte di una strategia, questa terra ha bisogno di darsi un progetto complessivo, di offrire occasioni concrete di sviluppo, altrimenti anche questa opportunità rischia di perdersi […]. Il Matese con dentro il versante campano può candidarsi a investimenti per 100 milioni di euro, ma non possiamo certo pensare di svilupparli solo con le grandi opere, che si pongono in antitesi con le esigenze di tutela dell’ambiente naturale espresse dal Parco».
Un futuro, per ora fermo, di ‘unità nazionale’
Dopo più di tre anni dall’approvazione della norma per istituire il parco nazionale, non è stato ancora trovato un accordo tra la regione Campania e la regione Molise per la perimetria definitiva del parco. Oltre ai dissidi interni agli stessi consigli regionali (in Molise, per esempio, hanno trovato un accordo unanime soltanto lo scorso febbraio), persistono gli interessi egoistici delle regioni: ognuna vuole la sede centrale del parco nel proprio territorio.
Uno stallo che ha portato Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente, ad invocare, come riportato sul sito di Legambiente Molise, una presa di posizione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio Sergio Costa: «Tocca ora al Ministro Costa prendere finalmente in mano l’istituzione del Parco Nazionale e passare dai proclami ai fatti concreti. Non deve perdere altro tempo in inutili proclami tipo l’Italia Paese Parco e istituire i parchi e le aree protette, partendo dal Matese che aspetta da 30 anni la sua area protetta. Il Ministro Costa trasferisca, come prevede la legge, la proposta di perimetrazione e le misure provvisorie di salvaguardia alla Conferenza unificata Stato-città-enti locali per la necessaria condivisione con i sindaci interessati, e lasci perdere le camarille politiche degli amministratori delle due regioni che fino a oggi hanno solo fatto perdere tempo. Il Matese non può più aspettare ed i sindaci hanno bisogno di sapere con quale normativa debbano confrontarsi per la futura programmazione degli interventi sui territori».
Lo stato d’emergenza dovuto alla pandemia di covid-19 ha poi ulteriormente rallentato il tutto. Ancora una volta, gli interessi partitici di un sistema politico, eccessivamente burocratico, rischiano di vanificare gli sforzi fatti dalle reti locali di attivismo. Il lavoro di connessione e rete fatto dal basso, si mostra molto più efficace delle soluzioni apportate dall’“alto”. Il lavoro per la tutela ambientale e per lo sviluppo economico ecologicamente sostenibile non può che passare dalle comunità e la politica non può continuare a tergiversare e far finta di non capire. Angelo Baldini
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