
Il lato oscuro del cioccolato

di Alessandro Mambelli
“Se sai cosa succede all’inizio della catena, non potrai goderti il cioccolato”. Queste sono le parole di Hank Jan Beltman, il CEO di Tony Chocolonely, un’azienda dolciaria etica che promuove una produzione del cioccolato equa. Tony Chocolonely, però, è solo una delle poche. Il mondo dietro al cioccolato è più altro uno scenario apocalittico e tremendo che nessuno immagina.
L’industria del cioccolato è una delle più ricche del mondo – secondo ConsoGlobe, nel 2015 il fatturato è arrivato a 71 miliardi di dollari –, ma il cacao può crescere solo a certe latitudini e a certe condizioni, quindi soltanto in paesi molto poveri come la Costa d’Avorio e il Ghana. La Costa d’Avorio, in particolare, produce il 40% del cacao mondiale, il 15% del Pil del Paese si basa sull’industria del cacao e i due terzi degli abitanti lavora nel settore. La domanda è: perché – se l’industria del cioccolato è così ricca – il Pil della Costa d’Avorio vale solo 40 miliardi? Il documentario Rotten viaggia fino in Africa per scoprirlo.
Antonie Fountain – il consigliere delegato di VOICE Network – spiega che i metodi di coltivazione del cacao sono rimasti fermi agli anni ‘20. Che senso ha per una grande azienda investire milioni di dollari in macchinari e strumenti all’avanguardia che devono addentrarsi nella foresta pluviale, quando la manodopera locale costa pochissimo? Il problema è che le condizioni di lavoro dei contadini ivoriani sono spesso illegali e vicine alla schiavitù: nessuna pensione, nessuna assicurazione, nessuna legge, lavoro minorile. Senza contare la fatica: l’unico modo per raccogliere il cacao a mano è usando un machete affilatissimo, e le fave vanno essiccate al sole per giorni.
Ma non finisce qui. I contadini vengono pagati da un pasteur – un intermediario –, che passa a raccogliere i sacchi di cacao molto frequentemente. I villaggi vicino alle piantagioni di cacao sono poveri e senza infrastrutture, quindi i contadini prendono i pochi soldi portati dai pasteur e si accontentano. Secondo diverse fonti, un raccoglitore di cacao guadagna in media un dollaro al giorno. Accettano questo perché spesso l’alternativa è peggiore. O non c’è affatto.
L’unico modo per guadagnare qualcosa in più è coltivare più cacao, ma per coltivare più cacao è necessario piantare più alberi. MightyEarth – un’associazione ambientalista senza scopo di lucro – denuncia il fatto che non solo le foreste ormai ricoprano solo il 4% del Paese, ma anche che il 90% di esse oggi sia una piantagione di cacao. Sempre Antonie Fountain: “Fra disboscare una foresta protetta e sfamare la tua famiglia non hai scelta”.

Meno foreste significano meno habitat per gli animali. Significano più ecosistemi distrutti. Meno ecosistemi significano estinzioni, squilibri ambientali e tutto ciò che ne consegue.
Secondo uno studio dell’Università di Manchester –, un chilogrammo di cioccolato richiede circa 10 mila litri di acqua per la produzione ed è responsabile di emissioni di CO2 comprese tra i 2.9 e i 4.2 kg – e solo nel Regno Unito e solamente considerando alcuni tipi di prodotti. Se pensiamo al trasporto complessivo in giro per il mondo e a tutta la filiera produttiva, questi numeri aumenteranno sensibilmente; e se pensiamo che ora non ci sono più foreste a riassorbire quell’anidride carbonica, è ancora tutto più terribile.
Grafico interattivo sulla produzione del cacao: https://it.actualitix.com/paese/wld/fava-di-cacao-paesi-produttori.php
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