
LA 166, UNA BIRRA RICAVATA DAL PANE CONTRO LO SCIALO ALIMENTARE

di Chiara Carolina Conte
Il progetto della birra 166 rientra nel più ampio programma di dispensa antispreco dei Magazzini Sociali sostenuto dall’associazione Io Potentino Onlus, attivo a Potenza da dicembre 2014. Una tra le pochissime birre in Italia a base di pane nasce da una collaborazione tra l’associazione ed il team del Birrificio Basilisca di Potenza, mentre la grafica e il packaging derivano della sinergia con l’azienda di comunicazione Universosud. Si tratta di un disegno di economia circolare che si alimenta attraverso il riutilizzo di eccedenze di cibo: collette alimentari ed eventi specifici sono volti alla raccolta di alimenti a lunga conservazione e al sostegno delle persone in difficoltà.
Il nome dalla legge “Gadda”

Il marchio della birra creata dai resti del pane è ispirato alla famosa legge “Gadda” n. 166 del 19 agosto 2016. Scopo di questa legge è la riduzione degli sprechi di tutti i prodotti, in particolare alimentari e farmaceutici, sia nelle fasi di produzione e trasformazione che nelle fasi di distribuzione e somministrazione dei prodotti stessi. Il provvedimento è entrato in vigore il 14 settembre 2016 e prevede alcuni punti: la creazione di un quadro normativo circa agevolazioni fiscali e procedure per la sicurezza igienico-sanitaria; una definizione chiara di eccedenze alimentari, spreco alimentare, donazione, termine minimo di conservazione e data di scadenza; alcune agevolazioni amministrative per i donatori attraverso la semplificazione delle procedure di donazione rispetto alla distruzione; possibilità per i comuni di incentivare chi dona alle organizzazioni non profit tramite una riduzione della tassa dei rifiuti.
Il procedimento
La 166 è una birra molto speciale, prodotta utilizzando il pane invenduto dei panifici. È quindi una produzione sostenibile che presenta aspetti positivi anche dal punto di vista economico in quanto il pane è donato e ciò riduce in parte i costi. Inoltre, partire da un prodotto finito e non da una materia prima è positivo per l’ambiente, poiché non comporta un ulteriore sfruttamento intensivo di campi e spazi agricoli. I filoni ritirati ogni mattina vengono affettati e lasciati ad essiccare. Vi è una sostituzione del malto d’orzo con il pane, da cui si estraggono gli zuccheri dall’amido. Segue il processo di fermentazione e trasformazione in bibita, che presenta una gradazione alcolica del 4,5% circa. La media è di 50 kg di pane che ogni giorno avanza dalla città di Potenza: con 15 kg si ricavano 600 bottiglie da 33 cl., ognuna messa sul mercato a poco più di 3 euro. La birra si presenta sotto una veste leggermente opalina e con un colore molto chiaro, adornata da una schiuma bianca e persistente. Per gustarla al meglio, si consiglia di servirla ad una temperatura di circa 6-8°C.
Una ricetta datata migliaia di anni fa

Le prime testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda simile alla birra da parte dei Sumeri, gli abitanti dei terreni fertili del Tigri e l’Eufrate, sono datate all’incirca a 6.000 anni fa. Si narra che il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso: si suppone che del pane o del grano macinato fu lasciato per sbaglio ad inumidire. Successivamente il pane cominciò a fermentare trasformando la mollica in una pasta inebriante. Una bevanda che, oltre ad esser bevuta, veniva offerta in dono agli Dei: è stato infatti scoperto un vero e proprio inno alla dea della birra Ninkasi, il cui testo altro non è che la ricetta su come produrre la bibita. Tra i principali tipi vi erano una birra d’orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un’altra di farro detta kurunnu.
Testimoni in prima linea

Francesco Romagnano, presidente dell’associazione “Io Potentino Onlus” di Potenza, ha commissionato un murales in città, in via Del Gallitello, che a detta dell’uomo: «sancisce la fine di un ciclo di varie fasi del progetto. Adesso comincia una storia nuova. Il progetto di Magazzini sociali viene condiviso da tantissime realtà imprenditoriali, istituzionali, associative del territorio e diventa un punto di riferimento per quanto riguarda la lotta allo spreco alimentare a fini solidari. All’interno di questo processo di cambiamento, evoluzione e cambiamento vi saranno anche esperimenti che diventeranno vere e proprie realtà produttive e di impresa. In particolare, vogliamo lavorare su quella che è la trasformazione dell’eccedenza dei prodotti alimentari e creare dei processi di inclusione e di economia circolare». L’artista del murales è Giulio Giordano, il quale sostiene fortemente il messaggio e l’obbiettivo del progetto antispreco: «Si doveva trovare solo l’idea giusta per questo dono verso la città. Alla fine, abbiamo pensato di realizzare un concetto base e abbastanza minimale, quello delle mani che si sfiorano derivanti da differenti etniche, che con rispetto reciproco si sfiorano. Il titolo dell’opera è infatti “SFIORARSI”. Ci abbiamo messo cinque giorni, davvero pochissimo tempo. Un privato ha dato disponibilità di un edificio, con un’unica richiesta: che ci fosse San Gerardo, protettore della città, come protagonista». Per i più curiosi, il mastro birraio Luciano Corallo offre qualche spiegazione sul gusto della birra: «La differenza può essere data dal sale presente nell’impasto, quindi una leggera sapidità in più, e dal biscottato del pane».
Non solo pane: ulteriori esperimenti e ricicli
La 166 non si limita ad essere solo il marchio di una birra, bensì a una vera e propria dispensa solidale composta dalla trasformazione di prodotti. Nella primavera del 2020, in piena pandemia COVID-19, la progettualità è stata valutata ammissibile e dunque finanziabile: verrà realizzato a tal proposito un Centro Logistico per le Eccedenze (CLE) all’interno del quale dar vita ad un sistema organizzato, condiviso e partecipato di recupero e distribuzione di eccedenze alimentari ma non solo. Tra gli ulteriori esperimenti rientrerà a breve la produzione di confetture sfruttando frutti già maturi e caduti dagli alberi, tra questi il pomodoro. Grazie alla partnership, tra gli altri, con l’Università degli Studi della Basilicata, all’interno del CLE ci sarà spazio per la Ricerca: si potranno approfondire le tematiche legate ai movimenti del cibo.
La preparazione fai da te: la birra di pane fatta in casa
Una birra da produrre entro le proprie mura di casa e di semplice preparazione è la Kvass, di origine asiatica e a bassa fermentazione. Dal termine slavo “lievito” questa birra si produce partendo dal pane di segale nero: il colore le conferisce una colorazione scura e e si caratterizza per la bassa gradazione alcolica che si aggira intorno ad un grado. La Kvass è comunemente servita non filtrata, con i lieviti ancora presenti: ne risulta una bevanda fermentata dolce da gustare entro 5 giorni dalla produzione. Nella preparazione possono essere aggiunti anche aromi di frutta o erbe, come fragola o menta.
Per chi volesse cimentarsi, gli ingredienti necessari sono:
-500g di pane nero di segale
-6l di acqua
-30g di lievito di birra
-200g di zucchero di canna
-1C di farina
-1 presa di sale
-80g di uva passa
-1C di succo di limone e buccia
-foglie di menta per aromatizzare
Tostare il pane a fette nel forno, sbriciolarlo in una pentola e aggiungere l’acqua bollente. Dopo una notte filtrare con un setaccio, raccogliere tutta l’acqua strizzando il pane e poi buttarlo via. A parte mescolare lievito sbriciolato con la farina, un cucchiaio di zucchero e 4 cucchiai di acqua e lasciar lievitare 30 minuti. Aggiungere poi all’acqua di pane insieme allo zucchero e al sale. Inserire nelle singole bottiglie il liquido, l’uva passa, le gocce di limone e la menta; chiudere con pellicola fissata con un elastico e lasciare fermentare per una settimana. Infine, stappare, filtrare per eliminare l’uva e i fondi e re-imbottigliare. Dopo una settimana, la birra è pronta da gustare!
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