
Maremma da urlo a Castiglione della Pescaia

di Fabiola Stevani
Nel cuore della Maremma Toscana, chiuso tra morbide colline, la pineta del Tombolo e un mare dall’azzurro sconfinato, si trova un piccolo borgo di rara bellezza: Castiglione della Pescaia. Le spiagge di finissima sabbia dorata e l’acqua cristallina lo rendono meta estiva perfetta per i turisti.
Ma Castiglione non è solo questo. È una località che ha fatto della propria bellezza incontaminata un grande punto di forza, infatti, Castiglione della Pescaia è bandiera blu Fee1 2020 per il ventesimo anno consecutivo e Cinque Vele Legambiente 2020.
Dall’alto, poi, il maestoso castello medievale posa lo sguardo sul paese. Leggenda narra che la proprietà di questa fortezza sia stata vinta a carte dagli antenati delle persone che tuttora lo abitano.
Storia certa, invece, è che all’interno delle mura del borgo si trovi ancora Palazzo Centurioni, di epoca rinascimentale, nel quale il Podestà fiorentino risiedeva e amministrava il paese per conto dei Medici. Fu Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, a entrare in possesso del feudo di Castiglione della Pescaia e nel 1558, dunque, il borgo castiglionese diventava possedimento del Ducato di Toscana.
Eleonora di Toledo aveva colto l’importanza di questo luogo, riuscendo ad impossessarsene. Un’importanza data dalla posizione strategica: poco distante dal mare e da quello che un tempo era il Lago Prile, un bacino d’acqua salata collegato con il mare, che per secoli fu una grande fonte di sostentamento economico di tutte le zone vicine grazie all’attività della pesca e al commercio sia del pescato, che del sale. Da questa attività di “pescheria” nasce quindi il nome del paese di Castiglione della Pescaia.
Il Lago Prile nei secoli andò perdendo la salinità diventando uno stagno di acqua dolce, fino al prosciugamento che formò dei bacini palustri, rendendo la zona soggetta al diffondersi della malaria (la stessa Eleonora di Toledo ne morirà).
Dalla metà del Settecento in poi furono i granduchi di Lorena ad avviare le bonifiche dell’area migliorandone la vivibilità. Pietro Leopoldo incaricò padre Leonardo Ximenes, un matematico gesuita, di costruire la Casa Rossa (che ad oggi prende il nome di Casa Rossa Ximenes e ospita al sui interno il centro visite2 per accogliere i visitatori della Riserva Naturale) che serviva per regolare il deflusso tra le acque paludose e quelle del mare utilizzando un sistema di chiuse. Così facendo si sarebbe dovuta garantire una buona attività di pesca e, cosa fondamentale, evitare che la malaria potesse diffondersi.

Casa Rossa Ximenes. Fabiola Stevani – opera propria
Oggi il Lago Prile non esiste più e al suo posto ha preso vita la Riserva Naturale della Diaccia Botrona che con 1273 ettari è una delle paludi costiere più importanti d’Italia. Dal 1971 è stata dichiarata Zona Umida di rilevanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar, che si occupa della conservazione degli ecosistemi naturali.
La Riserva Naturale della Diaccia Botrona è stata definita SIC dal Ministero dell’Ambiente, ovvero Sito di importanza Comunitaria e ZPS, Zona di Protezione Speciale. Questo lo si deve principalmente al fatto che la zona è un’area fondamentale per la sosta, lo svernamento e la nidificazione dell’avifauna acquatica. Difatti sono più di due le specie ornitiche censite, settanta delle quali nidificanti e circa una ventina iscritte nella Direttiva Habitat, una disposizione europea che si occupa della salvaguardia della biodiversità conservando gli habitat naturali, le vegetazioni e le faune selvatiche degli Stati membri.

Veduta di una parte della Riserva Naturale della Diaccia Botrona. Fabiola Stevani – opera propria
La Riserva fa da cornice alla presenza di numerosi anfibi, rettili ed insetti oltre che varie specie vegetali. Vi è poi la presenza di fenicotteri e, non di meno, di cinghiali. Non è raro, infatti, incontrare un branco di cinghiali che scorrazza per le acque della Riserva della Diaccia Botrona, “osservato” dai fenicotteri.

Immagine a cura di Mauro Sclano

Immagine a cura di Mauro Sclano
La Riserva si trova al centro della Provincia di Grosseto e il suo territorio include tutta la zona palustre compresa tra il fiume Bruna, la pineta del Tombolo e il tratto di strada tra Castiglione della Pescaia e Marina di Grosseto. La zona che si trova vicino al fiume Bruna è quella che conserva meglio le caratteristiche del padule (come lo chiamano in Toscana) di acqua dolce, mentre le altri parti sono diventate lagune salmastri.
Il clima sub-umido asciutto, infine, rende ottimale lo sviluppo e il mantenimento della flora e della fauna, in quanto la temperatura media annua si aggira intorno ai 15 gradi e in inverno, comunque, rarissimamente scende sotto lo zero.
Flora
La flora presente nella Riserva si è andata a modificare nel tempo, originariamente era presente una pianta erbacea perenne, il Phragmites australis, che copriva tutta l’estensione della palude. Attualmente è stata sostituita dalla presenza di una vegetazione più adatta all’aumento di salinità dell’acqua, quindi troviamo giunchi, salicornie e limonio. Non mancano piante rare come Cryspis aculeata e Juncus subulatus.
Nella pineta del Tombolo, così chiamata perché si trova su un cuscinetto di sabbia, si trovano distese di pino domestico contornato da fittissima macchia mediterranea, nel quale non è difficile trovare piante di rosmarino, ginepro, erica e leccio.
Fauna
Nonostante la salinità abbia ampiamente ridotto la presenza di aironi rossi e falchi di palude, la Riserva continua a vantare la presenza di numerose specie di uccelli. Infatti, troviamo fenicotteri, oche selvatiche e anatre. Non mancano poi aironi bianchi, gru e falchi pescatori, ma anche il cavaliere d’Italia e gli aironi cenerini nella pineta. Nei corsi d’acqua, invece, importante è la presenza di anguille, spigole e sogliole. Tra i rettili si trovano la testuggine d’acqua, il cervone e il ramarro. Ma il motivo per cui la zona è catalogata ZPS è la presenza della raganella, la rana verde minore e il rospo smeraldino.
Non meno importante è la parte in cui si trova l’Isola Clodia, ai Ponti di Badia sempre nel territorio comunale castiglionese, che si presenta come una piccola collinetta a Nord della Diaccia Botrona. Il suo nome deriva dal fatto che originariamente era un isolotto che affiorava dalle acque del Lago Prile. Aveva una posizione importante perché se da un lato dominava il Lago Prile, dall’altro scrutava le strade di collegamento tra Castiglione della Pescaia e l’entroterra.
Nel Medioevo questa località assunse il nome di Lutum, ovvero fango, e sarà il nome che prenderà l’abbazia di San Pancrazio al Fango di cui oggi restano solo alcune rovine.
Alla fine del Seicento, l’impaludamento dell’area rese l’Isola Clodia un importante centro ittico che viveva del commercio del pescato marittimo. Con il definitivo prosciugamento del Lago Prile, l’Isola divenne un’altura che ancora oggi è più in alto della pianura che circonda la zona.
nota1:
Fee è l’acronimo di Foundation for Environmental Education e la bandiera blu è un riconoscimento alle località costiere europee che rientrino in certi criteri di qualità. Ad esempio la pulizia delle spiagge, il pregio delle acqua di balneazione e il servizio
nota2:
D’estate è possibile visitare la zona palustre della Riserva tramite una piccola barca, messa a disposizione dall’Ufficio Conservazione della Natura della Provincia di Grosseto, per fare un tour dell’area con una guida specializzata.
nota3:
“Plastic Free” significa che gli esercenti sul territorio comunale, le attività commerciali, artigianali e si somministrazione di alimenti e bevande, non possono più distribuire ai clienti materiali plastici
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