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Vivo,viaggio,lavoro. Sono un nomade digitale

Vivo,viaggio,lavoro. Sono un nomade digitale

 

di Silvia Gianferrari

Avete presente l’immagine di uno che sta lavorando al computer  sullo sfondo di una spiaggia paradisiaca con un cocktail esotico a portata di  mano ?  Non è più un sogno, un’immagine da favola, ma una realtà accessibile per un numero crescente di persone. Per un’avanguardia di lavoratori chiamati  “nomadi digitali”.

Negli Anni ‘90 con la nascita del World Wide Web e lo sviluppo dei primi browser, appaiono i motori di ricerca, i cellulari e pc portatili, quindi i primi strumenti necessari per i nomadi digitali. Nel 1997 nel libro “Digital Nomad” di Tsugio Makimoto e David Manners appare per la prima volta il termine “nomadi digitali”. Gli autori affermano che la tecnologia permetterà all’uomo di scegliere di muoversi in tutto il mondo.

Agli inizi degli anni 2000 alcune compagnie IT iniziano ad accettare che alcuni sviluppatori lavorino da remoto e nascono le prime piattaforme per freelance. Le connessioni ad internet diventano sempre più veloci ed economiche. Nascono le app per video conferenze, le piattaforme social e il cloud computing.

Finalmente nel 2014 il fenomeno dei nomadi digitali è ormai diffuso, nascono le online community dedicate e si inizia a studiare il fenomeno.

I nomadi digitali vengono spesso visti come degli hippie che lavorano da remoto da spiagge da sogno, sorseggiando un cocktail. Ovviamente persone così esistono, ma sono solo l’eccezione.

I nomadi digitali sono tutti coloro che amano viaggiare e hanno guadagnato l’opportunità di poter lavorare ovunque grazie alla rete.

Di fatto, il nomadismo digitale rappresenta una vera e propria filosofia di vita. Infatti, non si parla semplicemente di una scelta lavorativa, ma di una scelta di vita.

 

Grazie alla tecnologia i nomadi digitali sono in costante crescita in quanto hanno la possibilità di lavorare ovunque, grazie ad una connessione ad Internet.

GoDaddy è  il più grande fornitore al mondo di domini e web hosting, al servizio di piccole imprese e imprenditori.

“Internet e i nuovi strumenti digitali quali applicazioni di videoconferenze e messaggistica istantanea, hanno rivoluzionato completamente il lavoro da remoto. Oggi è semplice sviluppare il proprio business da qualsiasi luogo: servizi di Hosting per WordPress per chi vuole lanciare il proprio blog o chi vuole vendere online con WooCommerce, ma anche applicazioni che permettono di creare contenuti accattivanti come GoDaddy Studio, possono essere utilizzati senza difficoltà ovunque ci si trovi.” spiega Gianluca Stamerra, Regional Director di GoDaddy per Italia, Spagna e Francia. “Per tutti coloro che volessero intraprendere la carriera da nomadi digitali, GoDaddy non solo offre gli strumenti tecnologici adatti ma anche servizi di consulenza e formazione come la GoDaddy School of Digital, corsi online gratuiti pensati per aiutare gli imprenditori a utilizzare in maniera strategica il digitale”.

In linea di massima possiamo affermare che i nomadi digitali sono:

  • Freelancers
  • Imprenditori
  • Dipendenti che lavorano full remote

Fino a qualche anno fa, prima che lo smart-working diventasse la normalità, i nomadi digitali erano soprattutto freelancers che lavoravano nel panorama digitale.

Secondo Forbes circa il 35% dei lavoratori in USA è un freelance e, entro il 2050, questa percentuale potrà arrivare al 50%.

Oggi solo in Europa più di 100 milioni di dipendenti sono passati al lavoro a distanza, con quasi 45 milioni che hanno fatto questo cambiamento per la prima volta. Sebbene il 2020 possa essere considerato l’anno del lavoro da remoto, questa tendenza è destinata a crescere esponenzialmente nei prossimi anni. Entro il 2025, si stima infatti che il 70% della forza lavoro lavorerà da remoto almeno cinque giorni al mese

Nel 2020 durante il lockdown anche l’Italia ha visto migliaia di lavoratori e aziende sperimentare seriamente per la prima volta il lavoro a distanza e per alcuni di questi ha sancito anche l’inizio di una nuova vita da nomade digitale.    I nomadi digitali italiani fotografati dal primo Rapporto dedicato a questo stile di vita e lavoro (su un campione di oltre 1.300 persone intervistate tra aprile e maggio 2021) e realizzato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali, hanno un’età compresa tra i 30 e i 60 anni, sono freelance, liberi professionisti, imprenditori e lavoratori subordinati con professionalità e background culturali molto differenti tra loro.

L’Associazione Italiana Nomadi Digitali è un ente del terzo settore nato da pochissimo e che punta a promuovere il nomadismo digitale e incentivare la cultura del lavoro da remoto nel nostro Paese, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei lavoratori e generare un impatto socio economico positivo sui nostri territori.

L’obiettivo dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali è creare un network di professionisti e fare rete con imprese pubbliche, private e del terzo settore, che vogliono sostenere un processo di rinnovamento e innovazione nel nostro Paese, aiutando tutti a ripensarsi in una vita e un lavoro migliori per noi e le nostre comunità.  Secondo Alberto Mattei, presidente dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali e fondatore del progetto “Nomadi Digitali”, quello che stiamo vivendo è “un cambiamento epocale”.

Alberto Mattei, 52 anni e nomade digitale da molto tempo, ha deciso infatti nel 2010 di dare vita ad un progetto e ad un sito, nonchè ad una vera e propria community che rappresentasse la sua stessa idea di vita: Nomadi Digitali è un progetto online dedicato a diffondere una nuova filosofia di vita e di lavoro e parla a tutti coloro che vogliono capire come sfruttare le opportunità del Web per migliorare in meglio la propria vita e rendersi liberi di vivere viaggiando, lavorando ovunque ci sia una connessione alla Rete.

https://www.nomadidigitali.it/

Definire un nomade digitale però non è semplice, perché vi rientrano molte categorie diverse di lavoratori: ciò che li accomuna però tutti è che non restano nella stessa destinazione per molto tempo (si parla di periodi che vanno dalle poche settimane ai 6 mesi circa) e che si mantengono lavorando online.

Non è facile stimare quanti siano oggi i lavoratori italiani nomadi. L’Associazione Nomadi Digitali ha analizzato la composizione anagrafica di questi lavoratori, di cui il 64% sono uomini o donne con un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, mentre il 27% ha più di 50 anni. Gli under 30 sono meno del 10%, smentendo così il luogo comune che identifica i nomadi digitali con i giovani che girano il mondo con lo zaino in spalla.

 

I partecipanti al sondaggio hanno mostrato di avere un alto grado di scolarizzazione: il 57% ha almeno una laurea (il 26% con un master) e il 39% sono diplomati. I freelance e i liberi professionisti rappresentano il 41% dei partecipanti al sondaggio, ma l’interesse per il nomadismo digitale e per un nuovo stile di vita riguarda anche i lavoratori dipendenti, che sono il 38%. Un dato significativo è che anche le persone in cerca di lavoro, il 13%, considera importanti modalità che consentano libertà e flessibilità.

Un lavoratore sceglie di diventare nomade digitale perché lavorare da remoto senza vincoli di spazio (e magari di orario) significa poter scegliere il luogo migliore da cui lavorare e al tempo stesso, andare incontro a nuove opportunità ovunque esse siano: il nomade digitale infatti spesso sceglie di spostarsi all’estero e avere così la possibilità di fare nuove esperienze, conoscere nuovi paesi e culture, sperimentare nuovi modi di vivere che lo facciano sentire più libero e felice. Secondo l’Associazione Italiana Nomadi tutto questo a vantaggio di competenza, creatività e soft skills (le competenze trasversali di cui oggi tanto si parla) che trovano nuovi stimoli nel confronto con altre realtà sociali e culturali.
Il campione intervistato dal Rapporto ha sintetizzato le ragioni per le quali questi nomadi italiani hanno fatto questa scelta professionale e di vita:
* una maggiore flessibilità;
* la possibilità di lavorare ovunque, di viaggiare e di spostarsi altrove quando se ne sente il bisogno;
* l’opportunità di adattare il proprio lavoro al proprio stile di vita ideale;
* il desiderio di avere un impatto sociale ed economico positivo per le comunità in cui si vive e si lavora

 

Solitamente i nomadi digitali scelgono mete dove il costo della vita è basso e la connessione alla rete è buona.

Secondo una ricerca molto approfondita svolta da Nestpick (motore di ricerca di case in affitto in tutto il mondo), non tutte le città sono adatte ad ospitare una scelta di vita e lavoro come quella dei nomadi digitali. https://www.nestpick.com/it/work-from-anywhere-index/

Per individuare le migliori città del mondo dove vivere e lavorare da remoto Nestpick è partito da un elenco di 75 grandi città, e le ha analizzate in base a 16 criteri di tre macrocategorie assegnando punteggi a ogni voce: Costi e Infrastrutture (per esempio disponibilità di spazi per lavorare e velocità di connessione), Legislazione e Libertà (ovvero la facilità nell’ottenere visti, ove necessario ma anche le possibili detrazioni fiscali, la sicurezza e l’inclusione), Vivibilità (in particolare l’accesso a eventi culturali, ma anche il meteo), senza dimenticare di aggiungere tra i criteri di valutazione la percentuale delle persone completamente vaccinate.

In base a questo ha dunque stilato la prima classifica, che è quella delle migliori città del mondo in cui lavorare : dopo Melbourne (100 punti), Dubai (96,64) e Sydney (92,63) c’è Tallin.

Merita un approfondimento infatti l’Estonia che, dal 1° agosto 2020 accetta le richieste per i visti da parte dei nomadi digitali; nella capitale Tallinn è facilissimo trovare spazi di co-working nelle ex fabbriche sovietiche, così come la connessione internet è sempre ottima. Il programma di e-Residency estone però dura da molti anni e, secondo alcune valutazioni, ha fatto guadagnare allo Stato 41 milioni di euro dal 2014. La novità è proprio data dall’interesse per i nomadi digitali, portando l’Estonia ad essere uno dei primi Paesi al mondo ad estendere i permessi di soggiorno anche ai dipendenti di aziende straniere.

Tornando alla classifica di Nestpick, troviamo poi a seguire Londra al quinto posto, quindi Tokyo, Singapore, Glasgow, Montreal e Berlino che chiude la top ten.

Per vedere una città italiana si schizza al posto 62: si tratta di Roma. Al posto 69, invece, c’è Bari

Il capoluogo pugliese, però, compare al primo posto tra le città che offrono più alloggi e al decimo della sottoclassifica che invece Nestpick.com ha dedicato al costo mensile delle case in affitto, dove primeggia Rio de Janeiro (119€ al mese), seguita da San Pietroburgo (139€) e Istanbul (169€). In questo senso questa ricerca è anche utile per orientarsi a seconda di ciò di cui si ha più bisogno per vivere e lavorare in una città diversa dalla propria.

Per esempio, se quel che conta è la facilità nell’ottenere un visto specifico che consenta di lavorare in un paese straniero, la vita più facile ce l’hanno i professionisti che – nell’ordine – si trasferiscono a Zagabria, Praga o Lisbona.

Il 1° gennaio 2021 infatti, la Croazia è diventata uno dei pochi Paesi europei ad accogliere i nomadi digitali attraverso l’introduzione di un visto di lunga durata. La nuova legislazione croata definisce “nomade digitale” chi al di fuori dell’Ue lavori nella “tecnologia della comunicazione”.

Il nuovo “visto nomade digitale” ha l’obiettivo di attrarre visitatori per tutto l’anno e rilanciare la fluttuante industria del turismo della Croazia.

Singolare invece il caso di Madeira, con un vero e proprio villaggio : la prima fase del Digital Nomads Madeira è cominciata il 1° febbraio 2021 a Ponta do Sol e proseguirà fino al 30 giugno. Situato sulla costa meridionale dell’isola portoghese di Madeira, il villaggio per nomadi digitali offre ai viaggiatori spazi gratuiti per lavorare con una scrivania e una sedia, accesso alla comunità di Slack e internet gratuito dalle 8 alle 22, ristoranti e negozi. Il progetto all’interno del villaggio turistico può ospitare fino a 100 nomadi che dovranno impegnarsi a restare almeno un mese.

Berna, San Francisco e Edimburgo, poi, sono le città che offrono le infrastrutture migliori per chi lavora da remoto. Ancora, Boston è la città con la più alta percentuale di cittadini vaccinati contro il Covid (il 63 %) davanti a Honolulu (58,94%) e Seattle (54,89%), ma è anche una delle più care. La più conveniente in assoluto è Istanbul, seguita da Medellin e Marrakesh.

Ma se è il clima quello che conta bisogna andare su un’isola, e precisamente Las Palmas, Canarie.

Una tra le mete preferite infatti è la Spagna, in particolare le Isole Canarie. Questo perché le Canarie, ed in particolare Gran Canaria, sono provviste di spazi di co-working e co-living. Inoltre il costo della vita è contenuto e spesso vengono organizzati eventi dedicati ai nomadi digitali.

L’Asia si conferma però il continente più desiderato dai nomadi digitali. Paesaggi paradisiaci, costo della vita bassissimo.

 

L’Indonesia offre uno standard di vita imbattibile!

Qui la comunità dei nomadi digitali è una delle più grandi e accoglienti al mondo, soprattutto a Ubud.

Si può rimanere fino a 90 giorni in Indonesia, grazie al visto turistico a pagamento, che si rinnova mensilmente.

Ma anche Bangkok (Thailandia), Taipei (Taiwan), Singapore e Malesia.

Tante sono le persone che hanno scelto questo stile di vita e se si naviga un po’ sulla rete e sui social non è sicuramente difficile trovare tantissimi esempi reali per entrare un po’ meglio in contatto con questo mondo lavorativo e privato.

Un esempio fra tutti di chi ha fatto questa scelta, si può trovare in un giovane ragazzo che, da semplice studente lavoratore con tanti sogni e poche certezze, ha iniziato forse inconsapevolmente questo percorso in modo del tutto anonimo per poi diventare quasi un personaggio pubblico.

Si tratta di Gianluca Gotto.

Nasce a Torino nel 1990. A vent’anni si trasferisce prima in Australia, poi in Canada. Oggi è un nomade digitale: scrive articoli e libri mentre viaggia per il mondo, specialmente in Asia. Sul suo account Instagram e sul suo blog “Mangia Vivi Viaggia” ( https://www.mangiaviviviaggia.com ) condivide insegnamenti zen ed esperienze di vita. Nel 2018 ha raccontato la sua storia nel libro “Le coordinate della felicità”, a cui ha fatto seguito il romanzo “Come una notte a Bali”.

 

 

Qui alcune parole direttamente di Gianluca che descrive la sua tipologia di vita, un piccolo estratto di questa filosofia per chi avesse voglia di saperne di più, per chi cerca ispirazioni o coraggio e per chi invece, ha semplicemente voglia di fantasticare un po’..

https://www.youtube.com/watch?v=EbCIsO4Wj-4

 

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