
L’energia eolica in Italia: come siamo messi

L’energia eolica: forse il tipo di energia rinnovabile più facile e veloce da ottenere. Tutto quello che serve per procurarsela è un’area ventosa: basta posizionare in quella zona delle pale eoliche e lasciare che le leggi della fisica facciano la loro parte. Ecco che arriva la corrente. L’Italia si è accorta di questo sistema?
Come funziona l’energia eolica?
È un tipo di energia completamente pulita che riprende direttamente dalla natura ed elabora vecchi sistemi di locomozione e lavoro meccanico, a partire dai mulini a vento e dalle vecchie barche a vela, senza diffondere nell’ambiente sostanze di scarto e CO2 consumare carburanti fossili. Si pensi che la principale critica esposta contro l’utilizzo di questo sistema su scala più larga è legato all’impatto visivo delle pale, che secondo i detrattori del sistema rovinerebbero l’ambiente. Una critica estetica, slegata dai consumi e da qualunque riflessione etica. Ma allora cosa sta aspettando l’Italia a dedicarsi a tempo pieno al sostegno di questo sistema?
Anche dal punto di vista economico l’energia eolica rappresenta un valido investimento. Un sondaggio di modofluido mette in evidenza che, nell’estate 2021, l’energia eolica ha costituto un contributi sopra i 37 miliardi di euro al PIL dell’Unione Europea; in Italia rappresenta però il 9% della produzione elettrica, di cui buona parte si concentra al Sud. Nella prima parte del 2021 hanno prodotto solamente 11 gigawatt.
La situazione in Italia
#rinnovabili: il 91% di richieste di nuovi impianti di #eolico è ancora fermo negli uffici pubblici in attesa di risposta da 5 anni. Non c'è da stupirsi se su 42 pareri espressi dalle regioni 41 sono negativi, mentre su 45 pareri espressi dal #MIBAC 35 sono sempre negativi! pic.twitter.com/DQWdRumWBQ
— Facciamo ECO (@Facciamo_ECO) November 23, 2021
Una delle regioni più coinvolte nell’utilizzo dell’energia rinnovabile è la Puglia, dove agenzie come Renexia si presentano come pionieri del nuovo sistema energetico. Il loro impegno sta sicuramente venendo preso in considerazione dai piani alti, con un paio nazionale che intende, entro il 2030, ridurre le emissioni del 55%, ma che secondo il calcolo portato avanti da Linkiesta non sarà possibile realizzare tale riduzione entro il tempo stabilito.
In Italia vi sono novantacinque aziende che si occupano di energia eolica, con un totale di quasi quattromila impianti, di cui poco più di trecento riescono a raggiungere una potenza sopra i novemila megawatt. Quelli meno potenti del paese, che sfiorano i dodici chilowatt, sono quasi il doppio.
I problemi secondo l’Anev
Nel maggio 2021, l’Associazione Nazionale Energia del Vento ha rilasciato un manifesto in sette punti sull’incrementare l’utilizzo dell’eolico e mettere in evidenza i vantaggi di un’introduzione sistematica di questa tecnica nel nostro ambiente energetico. Si tratta di superare i limiti non solo economici, ma burocratici e sociali che gambizzano la diffusione di questo sistema, lavorando a diretto contatto con le autorità, personificate dal Ministero della Cultura, e istituendo una cabina di regia nella quale assicurarsi il funzionamento del progetto.
“Per evitare di riportare l’Italia nel passato con il rischio di perdere competitività rispetto agli altri Paesi europei è necessario cogliere le grandi possibilità racchiuse nello sviluppo dell’eolico, risorsa indispensabile alla transizione energetica”, dichiara il presidente di Anev, Associazione Nazionale Energia del Vento, Simone Togni.
Un piano portato avanti dalla stessa Anev è un maggiore utilizzo degli impianti offshore rispetto a quelli onshore. Una critica meno diffusa, ma comunque presente, agli impianti eolici, afferma che il rumore che fanno le pale spaventa la fauna locale: il mare sembra fornire una soluzione al problema, isolando le pale dalle orecchie indiscrete e approfittando delle forti correnti ventose delle zone marine. Che richiede però un ulteriore dispendio economico al quale, al momento, lo stato italiano non sembra interessato. Come mette in evidenza, di nuovo, Anev, è la burocrazia ad abbattere i loro impegni.
“La stessa Soprintendenza spesso suggerisce di fare ricorso al Tar, perché poi tanto il ricorso si vince. Solo che il ricorso dura 4 anni, a cui vanno sommati i tempi necessari per ottenere l’autorizzazione: significa che al momento di costruire un parco eolico la tecnologia scelta è già vecchia”, dichiara Togni. Un discorso che tutti, in qualunque ambito italiano, hanno già sentito.
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