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Il PUG di Reggio Emila. Libro dei sogni ?

Il PUG di Reggio Emila. Libro dei sogni ?

di  Francesca Riggillo

 

Il PUG (Piano Urbanistico Generale) ha tutte le opportunità per dare risposte strategiche ai bisogni del nostro tempo – afferma Luca Vecchi, Sindaco di Reggio Emilia. La pandemia ci sottopone a una grande domanda di futuro e noi dobbiamo essere pronti”.

Pronti? Sì, ma nel modo giusto.

Per diventare una città attrattiva e sostenibile, Reggio Emilia deve affrontare sfide ampliamente descritte in un Piano che presenta però numerose criticità. Vediamole:

Secondo quanto riportato nel documento, al punto 2 dell’obiettivo ‘neutralità climatica’, Reggio Emilia si conferma essere una tra le città italiane con la maggior percentuale di suolo urbanizzato, pari, nello specifico, al 21% (dati ISTAT).

Questo incremento della copertura artificiale di terreno è fortemente legato al boom demografico che ha caratterizzato il primo decennio del 2000. Nella decade 2001-2011, infatti, il consumo di suolo di Reggio Emilia è passato dal 17% al 20,7%, guadagnando una percentuale di suolo occupato pari a 3,7. Un trend che secondo il Piano attuale e la Legge Urbanistica Regionale non dovrà ripetersi.

Si legge nel PUG:

“[…] la facoltà concessa dalla Legge Urbanistica Regionale del consumo di suolo massimo pari al 3% del territorio urbanizzato entro il 2050 (corrispondente allo 0,6% del territorio comunale nei prossimi 30 anni) verrà preservata esclusivamente per funzioni produttive, ad alta occupabilità e valore aggiunto, a confine con il territorio urbanizzato, escludendo pertanto le funzioni residenziali e commerciali”.

Concentrandoci sul consumo di suolo delle aree interne della città, notiamo che solamente lo 0,6% di esso potrà essere utilizzato sino al 2050 per la costruzione o la riqualificazione di edifici esclusivamente con finalità produttive, d’occupazione e valore aggiunto ma non residenziali.

Decisione alquanto equivoca per due ragioni: la prima, l’assenza da 7 anni a questa parte di un piano residenziale cittadino; la seconda, invece, lo stato di fatiscenza nel quale versano imponenti edifici residenziali di determinati quartieri della città e le dinamiche sociali che ne conseguono. Ma andiamo con ordine.

Come precedentemente accennato, il trend di crescita demografica della popolazione di Reggio Emilia è ‘esploso’ nel primo decennio degli anni 2000, registrando un +17% di residenti nell’arco temporale 2001-2011. Dal 2011 ad oggi, invece, si ha avuto una crescita dell’1,2%, dato decisamente diverso rispetto al primo, indicante una crescita minima.

Eppure, è un dato che deve tenere conto dei più recenti flussi migratori interni al paese derivati da una maggiore offerta di occupazione (esempio Stabilimento Silk-Faw di Gavassa, cattedrale iconica della Motor Valley che occuperà 360mila metri quadrati di superficie di suolo e progetto Reggiane Parco Innovazione) e da quelli derivati da cambiamenti delle relazioni internazionali tra paesi del mondo (esempio rifugiati afghani, migranti africani e bielorussi).

Date la mutevolezza e la complessità dei fenomeni migratori, un piano residenziale che tenga conto di stime periodiche della crescita demografica risulterebbe fondamentale per la costruzione, la riqualificazione o la messa a disposizione degli edifici residenziali necessari.

Una seconda criticità riscontrata nel Piano è la tendenza a riqualificare e adibire edifici dismessi ad attività produttive o che favoriscano occupabilità e valore aggiunto, e non residenziali.

Rinnovare è meglio che costruire da zero, questo è innegabile. Ma la città di Reggio Emilia ha bisogno di un cambiamento dell’assetto residenziale, soprattutto di quei quartieri che presentano imponenti edifici fatiscenti, abitati per lo più da immigrati e dalle loro famiglie.

Sono edifici che devono essere rimossi poiché, oltre ad essere ormai datati, favoriscono dinamiche sociali negative come la ghettizzazione. Sono edifici da sostituire, non da rinnovare. Edifici da ripensare da zero in quell’ottica di “multicentrismo e multiculturalismo” ampiamente citata nel Piano Urbanistico Generale e, ovviamente, in ottica ambientale. Edifici nei quali tutti i cittadini di Reggio Emilia possano vivere insieme a prescindere da etnia e nazionalità. Edifici decorosi, preferibilmente da costruire su suolo occupato da edifici dismessi, come ad esempio uno dei padiglioni delle ex officine meccaniche reggiane, in quartiere Santa Croce.

Dal 2019 l’intera area è in fase di rigenerazione al servizio delle imprese e della ricerca: dal Tecnopolo al Centro Internazionale Loris Malaguzzi, dal Piazzale Europa al capannone 18, la superficie di suolo disponibile sarà utilizzata per attività che, appunto, favoriscono occupazione e valore aggiunto.

Sarebbe invece un valore aggiunto per Reggio Emilia e per tutti i suoi cittadini destinare una parte di quell’area alla costruzione di edifici residenziali sostenibili ed economicamente accessibili tramite incentivi.

 

 

 

Foto: https://territorio.regione.emilia-romagna.it/dai-territori/reggio-emilia-piano-urbanistico-generale-pug-completa-la-prima-fase-di-analisi-col-documento-di-sintesi

 

 

 

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