
Aree Marine Protette: la Puglia in attesa del Poker

di Fabio Massimo Conte
In ritardo l’istituzione della quarta area tra
Otranto e Leuca
Una costa rocciosa, alta e frastagliata e un mare pescoso e insostenibilmente sfruttato, contraddistinguono il litorale pugliese da Otranto a Leuca che da diciassette anni attende la istituzione della quarta Area Marina Protetta (AMP).
Le tre aree già esistenti sono l’AMP delle Isole Tremiti, l’AMP di Torre Guaceto, tra Monopoli e Brindisi, e l’AMP di Porto Cesareo, sul lato jonico della costa salentina tra Gallipoli e Taranto.
Il progetto
Il progetto era stato promosso ufficialmente nel 2004 dal circolo idruntino di Legambiente in occasione di “Mediterre – Fiera dei Parchi del Mediterraneo”, nel quale si è dibattuto e approfondito il tema del rapporto tra sistema antropico e sistemi naturali, già affrontato nel V Congresso Mondiale dei Parchi, tenutosi a Durban (Sud Africa) nel 2003.
Fin da subito il Comune di Otranto aveva aderito e messo a disposizione dieci chilometri di costa a sud della città definendo l’area “Capo d’Otranto” esteso poi alle Grotte Zinzulusa e Romanelli.
All’interno delle AMP vige una normativa che limita le attività per proteggere l’habitat e, conseguentemente, regola e gestisce quelle consentite.
Per questo motivo l’istituzione di una qualsiasi Area Protetta è accompagnata da studi condotti per identificare tre zone interne dove tutte le attività antropiche saranno permesse in maniera differenziata sino alla loro interdizione.
Gli studi
Questi studi, realizzati in collaborazione con l’Università del Salento, partner dell’iniziativa, e dai tecnici dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), incaricati dal Ministero dell’Ambiente, sono valutati per la perimetrazione dei diversi ambiti e le previsioni regolamentari.
Importante anche dal punto di vista istituzionale il lavoro svolto dai rappresentanti politici locali al Ministero dell’Ambiente affinché la nuova area potesse essere inserita nella programmazione di quelle da realizzare.
La nuova area si può definire complementare al Parco naturale regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase istituito nel 2006 e la ridefinizione dell’estensione dell’AMP, affinché siano compresi i comuni del parco, ha ingolfato l’iter per la sua istituzione.
Dopo il via libera con la legge di bilancio 2018 per la sua istituzione e una nota di sollecito inviata nel 2019, il Ministero dell’ambiente non si è più fatto sentire.
Si attende ancora la risposta sulle ipotesi di zonizzazione a tutela crescente per rispondere ai quesiti presentati da alcuni comuni costieri, interessati all’estensione del progetto ma che ancora non hanno aderito.
Gli interessi
Lungo tutti i chilometri di costa sono molteplici gli interessi economici legati soprattutto a turismo e pesca e, anche se in linea di massima tutti i sindaci sono favorevoli, è necessario conoscere le indicazioni del Ministero prima di decidere l’adesione all’allargamento dell’area tutelata.
Il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi, in una intervista ha suggerito di seguire l’esempio dell’AMP delle Isole Eolie nella quale è stata individuata una quarta zona, definita senza vincolo, che, data l’estensione dell’area, possa essere da “collante” tra i tratti a maggiore tutela.[1]
Il ritardo nella istituzione dell’Area Marina Protetta “Otranto – Leuca” espone il territorio fuori da una possibile salvaguardia amministrativa nella ipotesi di attività, o progetti di attività, impattanti sull’ambiente.
La recente proposta di realizzare un gigantesco parco eolico offshore, proprio di fronte la costa da tutelare, sicuramente sarebbe stata presentata con una dimensione minore e un effetto diverso sull’area protetta.
Lo stesso si può dire per le misure di salvaguardia della fauna ittica del Canale d’Otranto che potrebbero arginare – seppure limitatamente alle attività sotto costa – gli effetti di una pesca intensiva e che fanno di questa parte dell’Adriatico Meridionale, una delle zone più sfruttate del Mediterraneo.[2]
Importante anche per il ripopolamento di specie che, nel tempo, sono diminuite perché disturbate dalle attività antropiche, come la foca monaca mediterranea che, con molta fatica, sta riprendendo a frequentare le coste salentine.
Se il Ministero dell’Ambiente non passerà le carte giuste, la Puglia dovrà ancora aspettare per avere il suo poker.
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