
Paesaggi minacciati e “sgarbati”.

di Pietro Mirzani
Chi non ricorda le celebri sfuriate di Sgarbi in tv, ma anche sui social e in radio, in difesa del paesaggio? Si può essere più o meno d’accordo con il suo stile polemico spesso fuori dalle righe. Eccessivo. E’ indubbia però la tensione ideale del critico d’arte ferrarese nella difesa del patrimonio architettonico e naturalistico d’Italia. Ogni qualvolta ci fosse e ci sia un’opera infrastrutturale a rischio di alterare una dimensione bucolica, un edificio storico, un luogo di natura incontaminata.
I termini, usati a più riprese a rimarcare la gravità di certi intenti nei progetti bersaglio, sono sempre stati inequivocabili: stupro, scempio, abuso, sfregio, vera trattativa Stato-Mafia (riguardo l’eolico), follia per territorio e paesaggio, oltre l’omaggio di parolacce e metafore ‘colorite’.
Ma in che condizioni sono oggi quei luoghi sui quali gravava una minaccia e quelli sui quali invece amministrazioni o privati sono riusciti a mettere le mani? Nel corso del tempo alcune prospettive di “inclusione” dell’eolico nel paesaggio sono cambiate, ma solo per far spazio a nuovi mastodontici progetti offshore.
Vediamo come è andata a finire tra lungaggini che hanno (temporaneamente) rinviato tutto e interventi tempestivi, scoprendo che non sempre paesaggio ed ambiente hanno subito violenze per nulla, ma molto spesso sì.
MOLISE

Altilia oggi. Il sito archeologico ed il suo paesaggio è solo uno dei molti paesaggi nella valle del Tammaro ad essere minacciati dai parchi eolici.
Per il Molise ci furono battaglie incredibili riguardo all’installazione delle pale eoliche – una su tutte quella di cui si era pensato un progetto vicino all’area archeologica di Altilia a Sepino – definita da Sgarbi un “crimine contro l’umanità” e “l’ennesimo stupro”, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che dichiarava i vincoli promanati dall’articolo 9 della Costituzione non sufficienti a tutelare un sito da una autorizzazione rilasciata in precedenza.
Per ora Altilia è salva e la recente decisione del Consiglio dei ministri di includere il parco archeologico di Sepino tra quelli istituiti Musei Autonomi Nazionali fa ben sperare, ma l’interesse per i luoghi della valle del Tammaro da parte delle imprese costruttrici permane con migliaia di richieste sulle scrivanie.
TOSCANA ED EMILIA ROMAGNA

Vista dai tetti di Vicchio. Sulle alture potrebbero sorgere 7 pale eoliche alte 150 metri. Fonte: Marina Bacciotti – Facebook.
Uno dei luoghi che purtroppo sembra debbano avere la peggio con l’eolico si trova nel Mugello, per la precisione tra Vicchio e Dicomano, dove – è notizia di questi giorni – è arrivata la conferma della Conferenza dei Servizi e manca solo la delibera della giunta regionale.
Ma la battaglia non è ancora persa, forse una speranza risiede nel ricorso al TAR, per il quale sono già stati raccolti quasi 10.000 euro dalle associazioni ambientaliste, cittadini e Italia Nostra che dichiarano: “Il crinale dell’Appennino è il nostro skyline e l’ambiente naturale la nostra vera ricchezza: intendiamo salvaguardare fino in fondo questi preziosi beni. Procederemo come già dichiarato con il ricorso al Tribunale Amministrativo contro la decisione della Regione”.
Negli scorsi mesi Sgarbi aveva spiegato con le solite colorite espressioni come sarebbero state violentate in modo inaccettabile le colline e la natura in questi luoghi, vicini alle cascate dell’Acquacheta in Romagna e situate in un’areale di grande valore naturalistico.

Il castello di Montepò, sullo sfondo il parco eolico dei Poggi Alti. Fonte – resistenzadeicrinali.wordpress.com
Quanto avvenuto vicino alla splendida tenuta di Montepò, vicino a Scansano nelle terre del Morellino, è inaccettabile.
Un paesaggio meraviglioso, il classico ‘italian dream’ per qualsiasi americano in visita nel Bel Paese, oltre che la sede di una prestigiosa azienda vinicola, sfigurato da enormi pale eoliche (inizialmente dovevano essere 17, poi ridotte a 10) a 1.200 metri dalle mura del castello. Sgarbi, già nel 2013 aveva definito il parco un esempio di “vera mafia”, poi si sono susseguiti ricorsi e bocciature varie.
Ad oggi il destino dell’area sembrerebbe rimanere segnato.

Il ‘possibile’ parco eolico di Tuscania. Nel rendering, lontane all’orizzonte, anche altre pale eoliche dominano il paesaggio. Sarebbero alte 250 metri, con un conseguente impatto devastante sullo scenario naturale. Fonte: Ontuscia.it
Esistono poi, per quanto riguarda l’eolico ed il fotovoltaico, parecchi esempi analoghi nella Tuscia viterbese ed in Puglia e Sicilia – dove presto si leveranno dal mare enormi parchi eolici offshore galleggianti – come nel caso di Tuscania (in foto il rendering che mostra il futuro parco eolico nella zona) dove abitano diverse specie di uccelli di interesse faunistico comunitario e il paesaggio non ha bisogno di presentazioni.
GLI ULIVI IN PUGLIA E I PINI LA SPEZIA

Gli ulivi piantati a seguito dei lavori – fonte: norbaonline.it
Fortunatamente, quando si parla di questi episodi, non sempre il paesaggio ha la peggio. È il caso, ad esempio, dell’approccio adottato nella realizzazione del metanodotto Melendugno- Brindisi, una condotta accessoria del TAP. Snam, che ha costruito l’impianto, si è occupata di ripiantare gli ulivi nel tratto interessato dai lavori
<< Il Salento è stato aiutato a ricostituire il proprio patrimonio agronomico proprio dai gruppi contro cui si sono scagliati i No-Tap. Con un ulteriore paradosso, perché – secondo i tecnici – tra gli alberi originali che si sono salvati, ivi compresi quelli monumentali, sovente a soffrire di meno sono stati quelli che sono stati rimossi per permettere gli scavi del metanodotto e riposti in aree protette da teli antinsetto in attesa della ripiantumazione.
Ora appunto completata>> spiega Fernando Pagani nel suo articolo sulla fine dei lavori dove emerge come il paesaggio sia stato ripristinato e con ulivi destinati a durare nel tempo, contro le devastanti epidemie di batterio killer.
Sgarbi si era detto piuttosto preoccupato per la creazione dei vituperati parchi eolici e sembrava scettico rispetto alla preoccupazione di certi comitati No-TAP che lamentavano la distruzione delle piante in occasione dei lavori del TAP ma non, ad esempio, in occasione di altri lavori precedenti su condotte sotterranee (QUI IL VIDEO).
In passato Sgarbi aveva definito l’abbattimento gratuito di alberi ‘omicidio’ << Si applicano norme per salvaguardare gli uomini da rischi, rispetto ad alberi che possono cadere; ma che dire degli alberi uccisi dagli uomini? La natura vive, chi abbatte un albero è un assassino.
Ma evidentemente non c’è un magistrato alla Spezia.>> potrebbe suonare come una mancanza di coerenza, ma ad onor del vero bisogna dire che le sue preoccupazioni per gli ulivi pugliesi erano giustamente mitigate dal progetto di ripiantumazione, del quale si era a conoscenza.

Piazza Verdi prima dell’abbattimento dei pini – fonte: Secolo XIX
Non si può dire la stessa cosa, purtroppo, per La Spezia, dove in Piazza Verdi furono abbattuti in fretta e furia pini secolari per far spazio agli archetti opera di Daniel Buren, con un’oggettiva perdita di valore per il paesaggio urbano.
Sgarbi, che aveva parlato di ‘Mafia a La Spezia’ e di ‘sindaco demente’ è stato assolto nel 2020 dalle accuse di diffamazione, per il quale il pm Ascione chiedeva 16 mesi di reclusione.

Piazza Verdi durante l’installazione dei Portali – fonte: Liguria Notizie
I commenti si dividono tra favorevoli e contrari, ma una buona fetta di frequentatori del luogo si dice indignata. Commenta così Gianluca su TripAdvisor <<Difficile vedere qualcosa di così brutto e fuori contesto.
Ogni volta che ci passo mi riprometto di dimenticare i famigerati archetti. Poi la memoria riaffiora e non c’è altro mezzo che questo per esprimere tutto lo sconcerto per una piazza rovinata dal cattivo gusto che ormai si diffonde inesorabile nelle nostre belle e martoriate città>>.
Oggi Piazza Verdi rimane un posto ‘della gente’ ma irrimediabilmente segnato dalla presenza di un’opera che mai avrebbe potuto rimpiazzare la bellezza di quei pini che esaltavano il contesto naturale sul quale sorge la città e lo richiamavano al suo interno, come un’isola di bellezza nel mare di cemento – per la gente – persa fra i flutti di interventi scellerati.
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