
Disastro ecologico nel Brasile di Bolsonaro

Raquel Silva Beraldin
Nel novembre del 2021, è stato riportato dall’agenzia “Repórter Brasil” che gli agricoltori stavano gettando prodotti agrochimici sulla foresta amazzonica per accelerare la deforestazione. Negli ultimi 10 anni, per fare spazio alla soia e al bestiame, gli agricoltori hanno scaricato pesticidi in grandi aree di foresta.
Circa 30 mila ettari di vegetazione nativa sono stati letteralmente avvelenati. L’area corrisponde a 30 mila campi da calcio. Questi agricoltori fanno di tutto per migliorare la loro produzione, ignorando le leggi, le regole e l’importanza della fauna per il pianeta Terra. Per avere un’idea, prima del 1970 la foresta amazzonica aveva circa 4 milioni di Km². Tuttavia, più del 20% della sua superficie è stato disboscato fino ad oggi.
L’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili (IBAMA) ha applicato più di 72 milioni di reais in multe tra gli anni 2010 e 2020 solo in casi come questo, di deforestazione con irrorazione aerea di pesticidi. Purtroppo, con lo smantellamento dell’applicazione dell’ambiente promosso dal governo Bolsonaro, la dimensione del problema della foresta non è chiara. Secondo l’inchiesta condotta da “Repórter Brasil”, il dumping non avviene solo in Amazzonia ma anche in altri biomi brasiliani (un bioma è un’ampia porzione di biosfera, individuata e classificata in base al tipo di vegetazione dominante, se terrestre, o alla fauna prevalente, se acquatica. Wikipedia)
Nel 2012, questo scenario disastroso ha avuto un miglioramento significativo e l’area disboscata è stata di 4.571 Km² secondo Prodes (Progetto di monitoraggio della deforestazione dell’Amazzonia legale via satellite). Nel 2019, sempre in base ai dati di Prodes, l’area disboscata ha superato i 10mila Km² e il numero di incendi si è intensificato. Questo perché il governo ha iniziato a sostenere lo sfruttamento delle aree indigene e ha eliminato alcune agenzie di controllo.
Era da molto tempo che il Brasile non registrava un aumento della deforestazione per quattro anni consecutivi.
Ma dall’agosto del 2020 a luglio del 2021 sono stati devastati più di 13 mila Km². Questi dati diffusi dall’Inpe (Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale) hanno avuto un ritardo nell’essere rilasciati, perché il governo non voleva che venissero a conoscenza dei leader del Vertice dell’Ambiente COP 26.
Possiamo supporre che questa sia solo la punta dell’Iceberg. Purtroppo questo è solo uno dei tanti casi simili riportati nel mondo. Le leggi ambientali sono essenziali per il mantenimento delle foreste e dei biomi locali, che sono di fondamentale importanza per la sopravvivenza umana. Lo stesso vale per gli animali, le cui specie si estinguono ogni anno per colpa dell’uomo.
Il più importante fattore che influenza la deforestazione è la crescita sfrenata dell’allevamento, che contribuisce all’aumento dell’effetto serra a causa della produzione di gas metano da parte del bestiame. Gran parte della popolazione non è consapevole di questa realtà che porterà solo danni alle prossime generazioni.
Se la situazione attuale non cambia, siamo già vicini al punto di non ritorno.
Tutti i paesi hanno la responsabilità di preservare le loro foreste, creando politiche pubbliche mirate al settore e rendendo anche la popolazione consapevole della sua importanza e conservazione. Tuttavia noi brasiliani abbiamo una grande responsabilità, dato che possediamo la più grande foresta tropicale del mondo, una delle più importanti in termini di riserve energetiche, e una fauna e flora ampiamente diversificate. Sulla costa brasiliana troviamo anche la Mata Atlantica, che contiene quasi il 10% delle specie di fauna e flora del mondo. Foresta amazzonica e mata concorrono per una quota rilevante dell’equilibrio ecologico del paese e del mondo, influenzando direttamente la nostra vita, sia in termini di salute e benessere che economici.
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