
Irresistibile avanzata dello smart working

di Giulia Cassina, Maddalena Galli, Alessia Ibatici
La pandemia ha comportato una veloce e intensa accelerazione della diffusione dello Smart Working o lavoro in remoto. Sia le aziende sia i lavoratori sono ora impegnati nel mantenere e sviluppare tale modalità anche nelle condizioni post-pandemiche.
Nel 2019 gli smart worker erano circa 570.000, ma durante i mesi di lockdown sono cresciuti esponenzialmente fino ad arrivare a 6,58 milioni. Lo rivelano i dati dell’Osservatorio Smart Working della Scuola di Management del Politecnico di Milano che ogni anno svolge una ricerca sul Lavoro Agile in Italia. Il trend del 2020 è rimasto costante anche con il progressivo allentarsi delle misure di restrizione.
Questo perché l’enorme sperimentazione svolta dalle aziende, costrette a cercare rapidamente nuovi metodi di lavoro da remoto, ha aumentato l’interesse nei confronti delle opportunità offerte dall’avanzamento tecnologico.
Ad ogni grande fase di cambiamento segue un periodo di adattamento in cui i principali attori, in questo caso i lavoratori, iniziano a calarsi nei nuovi scenari. Nascono così riflessioni sul tema, scambi di opinioni e prese di posizione che vanno oltre il dato numerico.
Per capire la percezione dei lavoratori sullo Smart Working, se e come è cambiata nel tempo, abbiamo condotta un’attività di social listening e analisi del sentiment. Sempre di più sono, infatti, gli utenti che lasciano commenti o fanno valutazioni personali sul web e sui social network.
Tramite un questionario di 13 domande, poi, sono stati raccolti dati sull’esperienza complessiva dello Smart Working. I temi indagati sono le modalità organizzative, l’intensità di lavoro e l’influenza sugli aspetti sociali e personali del lavoratore. Il questionario è stato sottoposto a una platea di persone che hanno usufruito della modalità di lavoro agile a distanza durante il periodo dell’emergenza sanitaria raccogliendo 44 risposte.
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Qui il report completo, realizzato nell’ambito dell’insegnamento di ” Internet research e web reporting” del Master in Comunicazione digitale dell’Università di Parma,