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Arte e clima: 5 opere che raccontano il cambiamento climatico

Arte e clima: 5 opere che raccontano il cambiamento climatico

di Edoardo Scita

 

La capacità dell’arte di raccontare il proprio tempo non è rimasta indifferente agli sconvolgimenti climatici a cui assistiamo nel nostro quotidiano. Mentre il mondo prende coscienza dell’urgenza di cambiare le proprie abitudini per garantire un futuro al pianeta, l’arte contemporanea e i suoi esponenti si sono già schierati per sensibilizzare il pubblico al grande problema del XXI secolo.

Il riscaldamento globale, l’inquinamento e il cambiamento climatico sono temi che gli artisti hanno inserito da anni nelle proprie produzioni. Ciò che stupisce è da quanto tempo se ne parli e quanto poco sia stato fatto finora. Già a partire dagli anni Sessanta del Novecento, alcuni pionieri della denuncia climatica nell’arte hanno portato sperimentazioni di come il rapporto tra uomo e natura stesse cambiando.

Una delle opere più famose in tal senso è “Continuerà a crescere tranne che in quel punto“, realizzata nel 1968 da Giuseppe Penone, nella quale una mano in bronzo stringe il tronco di un albero; oggi lo sviluppo della pianta ha parzialmente inglobato la scultura, dimostrando come cambi la natura in base all’apporto dell’uomo.

Continuerà a crescere tranne che in quel punto

Questo tema si è poi diramato in innumerevoli versioni. C’è chi come Ken Goldberg ha investigato la mediazione della robotica tra uomo e natura con il suo “Telegarden”, nel quale un braccio robotico cura un giardino secondo le indicazioni fornitegli da alcuni utenti autorizzati attraverso un sito web ad hoc.

Altri artisti hanno invece raccontato gli effetti devastanti delle calamità naturali riproponendo scenari allagati (come “Flooded McDonald’s” di Superflex, dove all’interno di un fast food della celebre azienda americana viene pompata acqua a simulare un allagamento dovuto ad un intenso temporale) o completamente devastati (come “Beauty Shop” di Lori Nix, un salone di bellezza su cui sembra essersi abbattuto un tornado).

L’arte dedicata al cambiamento climatico si compone di opere di diversa fattura il cui obiettivo è sempre sensibilizzare la collettività ad uno sforzo comune per arginare i pericoli ambientali causati dall’uomo.

L’interpretazione varia a seconda del linguaggio dei singoli artistici: le gigantesche mani che sorreggono palazzo Ca’ Segredo di Venezia nell’opera “Support” di Lorenzo Quinn danno l’idea di un’umanità che cerca di combattere i danni che essa stessa ha generato. Al contrario, “Did I make the best use of the time i had?” non lascia scampo alla forte critica all’inattività della politica in merito, rappresentando una versione di Richmond (capoluogo della Virginia, USA) parzialmente sommersa.

Telegarden

La condanna verso una politica estremamente pigra nell’attuare efficaci politiche ecologiche è ripresa da artisti come Isaac Cordal, che con opere dissacranti ed ironiche come “Politics discussing global warning” ha criticato questo aspetto, comune a molti governi. Nella sua opera un gruppo di miniature di busti e teste fanno capolino da una pozzanghera.

Nell’ambito delle sperimentazioni, gli artisti hanno cominciato ad utilizzare gli scarti (plastiche usate, residui metallici, tessuti usurati e utensili scartati) per creare le proprie opere, dando loro nuova vita. In composizioni dal valore artistico incontestabile, troviamo pile di rifiuti o oggetti soggetti al decadimento come nella “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto o nella “Comedian” di Maurizio Cattelan (la celeberrima banana attaccata con del nastro adesivo ad un muro).

La Venere degli stracci

Ironiche ma estremamente efficaci nel raccontare il surriscaldamento globale sono le opere “che si sciolgono”, quadri e statue che vengono rappresentate in fusione. Melting Panther ne è un esempio: la scultura realizzata dal CLEO Institute per lo Zoo di Tampa in Florida rappresenta due pantere, la più grande delle quali è totalmente composta di cera. Il calore della stagione estiva e le intemperie porteranno lentamente a liquefare la scultura, a testimonianza degli effetti del cambiamento climatico.

A fianco degli artisti stessi, negli ultimi anni stanno prendendo posizione in merito anche musei, galleristi ed istituzioni culturali, attenti a ridurre l’impatto della produzione di mostre ed esposizioni. Sono nati eventi di sensibilizzazione ed associazioni dedite al rapporto tra arte e ambiente come la Gallery Climate Coalition, comitato inglese di galleristi il cui obiettivo è la riduzione della produzione di rifiuti e CO2 nell’ambito museale.

L’evoluzione di Melting Panthers

Tra i grandi progetti che uniscono arte e clima troviamo anche il New European Bauhaus. Prendendo a riferimento uno dei movimenti architettonici più importanti del Novecento, questo progetto finanziato dalla Comunità Europea vuole essere una fucina di idee per contrastare l’emergenza climatica attraverso sostenibilità, bellezza ed inclusività.

Grazie a finanziamenti mirati e la collaborazione europea, questo programma è stato avviato nel 2020 in concomitanza con l’European Green Deal e si propone di riuscire con l’arte a ridefinire un nuovo pensiero ecologico e sostenibile.

Rimanendo in tema di connubio tra natura e arte, vi segnaliamo la seconda puntata di “Italia abbandonata, la rubrica urbex (urban exploration) in cui Gabriele Gentile ci permette di entrare, grazie alle sue fotografie, in luoghi dismessi e abbandonati di cui la natura si è riappropriata.

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