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I rifiuti ci salveranno. Forse

I rifiuti ci salveranno. Forse

Economia verde, circolare e finanza sostenibile

di Sabia Braccia

Economia circolare, finanza sostenibile, green economy sono espressioni oggigiorno talmente ricorrenti nel discorso pubblico da essere date per scontato. In realtà però ognuna di esse è una specifica derivazione economica di un paradigma più ampio e oramai fondamentale: quello dello sviluppo sostenibile.

Programmi internazionali per un futuro sostenibile

Laura Zanotti, giornalista per «ESG360.it», definisce lo sviluppo sostenibile come l’adottare «modalità di lavoro capaci di rispondere ai bisogni del presente, conciliando salute ambientale, equità sociale e vitalità economica». Sostenibile quindi per l’ambiente, l’economia e la società: una crescita che possa garantire alle generazioni future di godere delle stesse risorse di quelle presenti e di eque possibilità. A questo proposito 193 Paesi membri dell’ONU nel 2015 hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, una lista di obiettivi da raggiungere entro il 2030, riguardanti la tutela dell’ambiente, la crescita del lavoro, la sconfitta della povertà e della fame, l’implementazione della pace e della giustizia sociale. Sempre nello stesso anno è stato siglato anche l’Accordo di Parigi sul clima con il quale tutti i Paesi – senza più alcuna distinzione fra quelli industrializzati e quelli in via di sviluppo – si impegnavano a ridurre le loro emissioni di gas serra e a incontrarsi ogni cinque anni per monitorare il loro operato. Da allora l’interesse di nazioni e governi nel riuscire a rispettare questi obiettivi (anche se spesso troppo lentamente) ha fatto sì che si sviluppassero sotto-discipline specifiche per ogni settore. Nel caso dell’economia, le già citate economia verde e circolare e finanza sostenibile.

La finanza sostenibile e i fattori ESG

La finanza sostenibile, analiticamente spiegata dal portale di Educazione Finanziaria della Banca d’Italia, comprende nello sviluppo i cosiddetti fattori ESG, ambientali, sociali e di governance, indirizzando capitali ed investimenti in progetti a lungo termine. Scopo della finanza sostenibile è quello di informare il risparmiatore o l’investitore su tutte le opzioni ecologicamente e socialmente sostenibili a disposizione. Fra le difficoltà riscontrate dall’analisi di BPER Banca sugli investimenti di questo tipo, ci sono infatti «l’attuale basso livello di conoscenza da parte degli investitori rispetto al mondo degli investimenti sostenibili» e il rischio del greenwashing. Quest’ultimo è la «pratica per cui alcune aziende dimostrano finto interesse e impegno nei confronti della sostenibilità» messa in atto per catturare la percentuale di consumatori sensibili a questo tema. Se però l’arma per combattere il primo ostacolo è l’informazione su più fronti, il greenwashing è sanzionabile in alcuni stati e viene combattuto con l’introduzione del Regolamento UE sulla tassonomia che classifica le aziende di tutta Europa con gli stessi parametri. In questo modo il riconoscimento di quelle che mettono in atto pratiche maggiormente sostenibili è facilitato e condiviso per tutti i paesi dell’UE.

L’economia verde e l’analisi del prodotto

L’economia verde (green economy) è la base su cui poggia la finanza sostenibile. «Il Giornale dell’Ambiente» la definisce come «un modello di economia che permette la riduzione dell’impatto ambientale in favore di uno sviluppo sostenibile, come l’uso di energie rinnovabili, riduzione dei consumi, riciclaggio dei rifiuti». Cerca di seguire ogni fase di produzione di un prodotto per capire il suo impatto, la quantità di energia necessaria e lo scarto prodotto. Il suo scopo è il tentare di riformare dall’interno tutto ciò che ha portato all’impoverimento delle risorse, al danneggiamento paesaggistico e ambientale assicurando comunque una crescita economica.

L’economia circolare e il contenimento degli scarti

Ulteriore passo verso il contenimento di gas serra e l’impoverimento del pianeta è quello dell’economia circolare. Sostituendo all’attuale modello “lineare” un sistema circolare, si riesce a contenere la produzione di rifiuti ed ogni tipo di spreco. L’economia circolare prevede la riparazione e il riutilizzo (anche solo di parti e non del totale) del prodotto una volta che questo viene danneggiato o smette di funzionare. Le componenti riutilizzabili vanno sfruttate in ogni modo possibile fino alla fine della loro “vita utile”. Siamo di fronte ad un aumento costante della domanda (perché aumenta la popolazione mondiale) ma ad un’offerta sempre più scarna di risorse e solo un sistema circolare potrebbe garantire soluzioni. Oggetti progettati per durare più a lungo, per essere riutilizzati e magari sfruttati in settori anche molto diversi da quelli di partenza. Secondo «Attualità», il giornale del Parlamento Europeo, «la produzione dei materiali che utilizziamo ogni giorno è responsabile del 45% delle emissioni di CO2» ed ogni anno nell’Unione Europea vengono prodotti più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. La sfida del Parlamento europeo è quella di raggiungere entro il 2050 un’economia a zero emissioni di C02, sostenibile e completamente circolare (clicca qui per maggiori informazioni su piani e revisioni approvati dall’EU a questo proposito). Il PNRR nel nostro Paese prevede fondi ed investimenti proprio a favore dell’economia circolare che in Italia ha buone performances ma che non ha ancora invertito la tendenza: «Pil e consumo di materiali viaggiano in parallelo» come avevamo precedentemente raccontato con i dati del Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2022.

Ciclo dell’economia circolare

Consapevolezze per un futuro possibile

Uno sviluppo sostenibile non è solo auspicabile, è una realtà concreta. È un esigenza. Ogni settore contribuisce al meglio con il suo apporto per pensare ad un futuro possibile, giusto, equo, meno dannoso, per noi e per il Pianeta. Perché abbiamo delle responsabilità che non possiamo disilludere, dei punti fermi da rispettare con ogni singola scelta anche, e soprattutto, economica.

 

 

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