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Zone umide: un ecosistema che possiamo (ancora) salvare

Zone umide: un ecosistema che possiamo (ancora) salvare

di Tommaso Ponzi

 

Una nuova ricerca pubblicata l’8 febbraio su Nature dimostra che negli ultimi 300 anni la metà delle zone umide in Europa, Stati Uniti e Cina è stata distrutta. Per il Regno Unito, l’Irlanda e la Germania supera addirittura il 75%. A livello globale, è scomparsa un’area grande quanto l’India. Ma la novità che si evince da questa ricerca è che la situazione delle zone umide a livello globale sarebbe meno grave di quanto era stato prospettato in precedenza. 

La distruzione delle zone umide è incrementata negli ultimi decenni 

Da sempre gli stagni e le aree paludose sono state considerate come terreni improduttivi e quindi da riconvertire in terreni per l’agricoltura o in zone urbane. Ma il tasso di riconversione e distruzione di queste aree, nell’ultimo anno, è aumentato vertiginosamente. L’impatto della crisi climatica, il prelievo di acqua da falde sotterranee e gli incendi sempre più frequenti: tutto ciò ha reso le zone umide tra gli ecosistemi più minacciati al mondo, come viene riferito dai ricercatori dell’articolo pubblicato su Nature. 

Quante sono le zone umide distrutte 

Finora non si sapeva quante zone umide fossero rimaste nel pianeta: alcune stime indicavano che negli ultimi 300 anni fossero state distrutte tra il 25% e l’85%. Quest’anno un team di ricercatori internazionali ha combinato i dati storici disponibili con le mappe delle zone umide odierne, per ottenere un quadro globale più accurato. La scoperta è che il 20% di tutte le zone umide a livello globale negli ultimi 300 anni è stato distrutto. L’Europa è stata l’area più colpita: l’Irlanda ha perso più del 90% delle sue zone umide, mentre Germania, Lituania e Ungheria più dell’80%. Regno Unito, Paesi Bassi e Italia superano, invece, il 75%. 

Dei dati che fanno anche ben sperare 

Nonostante i dati europei, la situazione complessiva appare comunque meno preoccupante di quanto si temesse nelle stime precedenti, come ha dichiarato al The Guardian l’autore principale dell’articolo Ethienne Fluet Chouinard, PhD all’Università di Stanford: “È una buona notizia: non è ancora troppo tardi per proteggere la maggior parte delle zone umide del mondo”. 

A tenere alta la guardia è invece il dottor Christian Dunn, dell’Università di Bangor e presidente della British Ecological Society, che in un’intervista al The Guardian ha dichiarato: “L’entità della perdita di zone umide che è stata segnalata potrebbe essere inferiore a quanto si temeva in precedenza, anche se non è meno preoccupante. È essenziale smettere di considerare le zone umide come terre improduttive, da prosciugare e riconvertire in terreni utili”. 

L’importanza delle zone umide e il loro ruolo fondamentale 

Le zone umide sono ecosistemi importanti per molti aspetti. Innanzitutto per la conservazione della biodiversità: in esse vive e si riproduce fino al 40% delle specie del pianeta, come sottolineano le Nazioni Unite. Inoltre, purificano l’acqua e ricaricano le falde acquifere, svolgono un ruolo di “trappole per nutrienti” (rimuovono, cioè, i nutrienti in eccesso derivanti dalle attività agricole e zootecniche), proteggono dalle inondazioni e sono fondamentali per la fissazione della CO2 presente nella biosfera. In questo processo carbonio le zone umide sono importanti perché, come delle ‘batterie naturali’, accumulano CO2 ad un tasso di 10-20 volte rispetto a quanto fanno le foreste tradizionali. In assenza di zone umide il carbonio verrebbe emesso nell’atmosfera, peggiorando così le emissioni di gas serra. 

La necessità di politiche di tutela

Alcuni governi stanno iniziando ad adottare diverse politiche di tutela e ripristino delle zone umide, comprendendone l’importanza a livello locale e globale. Tra le politiche messe in campo in Gran Bretagna c’è anche l’uso dei castori. Scrive il Dr. Christian Dunn: “la reintroduzione dei castori nelle aree fluviali della Gran Bretagna aumenterà la copertura delle zone umide del Paese, portando con sé tutti i vantaggi di questi habitat. Le dighe per castori e le zone umide che generano, riducono gli effetti delle inondazioni fino al 60% e possono incrementare la fauna selvatica dell’area. Uno studio ha dimostrato che il numero di specie di mammiferi locali è aumentato dell’86% grazie a questi ingegneri pelosi”.

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