
Viva !La bottiglia è biodegradabile e compostabile

di Giacomo Giraudo
I laboratori di Sant’Anna sono impegnati da diversi anni nella ricerca sostenibile con l’obiettivo di rivoluzionare il mondo del packaging. A partire dalla fine della 2008, l’azienda ha lanciato sul mercato le BioBottle, le bottiglie per l’acqua naturale compostabile.
Il materiale utilizzato è il PLA (acido polilattico), uno speciale biopolimero che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nelle piante. La sua lavorazione permette di ottenere una bioplastica biodegradabile e compostabile, che esclude l’utilizzo del petrolio. Nel corso degli anni, numerosi sono stati i riconoscimenti alla Sant’Anna per quest’innovazione, tra cui tre premi impresa ambiente (2012, 2013, 2014).
Il lavoro e l’impegno da parte delle aziende per ridurre l’impatto ambientale è cresciuto progressivamente nel corso degli anni. Tuttavia, molta strada dev’essere ancora fatta a partire. Ad esempio, i tappi in plastica devono essere riciclati in maniera adeguata. Per ottenere un processo di smaltimento sostenibile delle bottiglie, è quindi necessario l’impegno da parte di tutti nel differenziare correttamente il packaging.
Molte aziende hanno concentrato le proprie risorse per riciclare le bottiglie o per sostituire la plastica col vetro. Come mai voi avete deciso d’investire nella ricerca di un nuovo materiale biodegradabile?
Abbiamo deciso d’investire nella ricerca di un nuovo materiale biodegradabile e compostabile perché volevamo trovare delle alternative ai materiali già esistenti a parità di costi o quasi. La BioBottle è realizzata in PLA, uno speciale biopolimero derivato dal mais. Le ragioni di questa scelta aziendale sono racchiudibili i 6 punti: per il futuro delle nuove generazioni, perché costa meno del vetro, perché produrla costa meno all’ambiente, perché risparmiare petrolio salva l’ambiente, perché è una scelta sostenibile, perché è un’impresa italiana che guarda a tutto il mondo. Inoltre, i principali vantaggi per l’ambiente sono la riduzione del 50% dello sfruttamento di energie non rinnovabili, abbattimento del 70% di emissioni di CO2, abbattimento, nel processo produttivo di stabilimento, del 60% di energia nella fase di produzione delle preforme delle bottiglie.
Avete lanciato la bottiglia sostenibile nel 2008, e siete stati i primi. Per quale motivo, a 15 anni di distanza, le BioBottle non sono prodotte su larga scala?
Non è un processo così automatico, purtroppo ci vuole un po’ di tempo per le aziende, soprattutto a livello di organizzazione. È necessario investire nei giusti macchinari e i costi di produzione in generale sono più elevati. Tuttavia, dato il problema dell’inquinamento da macro e microplastiche sempre più forte, il mercato del packaging sostenibile e delle plastiche biodegradabili è in espansione: secondo i consulenti di Reports and Data crescerà in modo esponenziale entro il 2026, con un tasso annuo di crescita composto del 19,9%. La crescita del numero d’imprese presenti nel settore è risultata costante negli ultimi anni, passando da 143 operatori del 2012 ai 278 del 2020.
Oggi le bottiglie biodegradabili di Sant’Anna sono presenti in pochi supermercati e hanno un prezzo che viene considerato elevato. La principale ragione per cui la loro vendita non è mai realmente decollata è questa?
I motivi possono essere diversi. Il prezzo un po’ più elevato rispetto alle bottiglie in PET può certamente incidere. Tuttavia, un’altra grossa questione riguarda la filiera della raccolta della plastica, inadeguata a gestire le nuove bottiglie. La bioplastica, così come la plastica d’uso comune, deve essere smaltita correttamente. In assenza di un coordinamento tra produttori, impianti di recupero e riciclo della plastica, c’è il rischio che le BioBottle finiscano irrimediabilmente insieme alle altre, creando problemi di recupero. A oggi, se inserissimo le bottiglie in PLA nella raccolta della plastica tradizionale, finirebbero tutte nel termovalorizzatore o in un inceneritore.
È possibile pensare a un futuro in cui sugli scaffali dei supermercati, almeno per quanto riguarda Sant’Anna, ci siano solo bottiglie biodegradabili al 100%?
Sant’Anna non si accontenta di aver creato l’innovativa bottiglia BioBottle in PLA, biodegradabile e compostabile: l’azienda continua a investire in ricerca e sviluppo. Gli studi attuali sono volti alla realizzazione di un tappo e di un collarino della bottiglia anch’essi compostabili, concretizzando così il sogno di un prodotto 100% naturale, dentro e fuori.
Per quanto riguarda l’acqua frizzante e le bibite, esiste già un’alternativa sostenibile o si sta ancora ricercando una soluzione bio affidabile?
Al momento non esiste ancora un’alternativa sostenibile per l’imbottigliamento di acqua frizzante e bibite. Ma da sempre trovare soluzioni è premura della nostra azienda, per questo continueremo a investire per identificare un’alternativa adeguata o nuove strade, con un occhio sempre attento all’ambiente.
Le BioBottle dopo 80 giorni tornano a fare parte della natura, tuttavia ciò avviene solo se, da parte del consumatore, c’è attenzione e un corretto smaltimento.
Certamente! La sostenibilità è un lavoro di squadra. Da parte del consumatore ci deve essere sicuramente il giusto atteggiamento e la giusta attenzione allo smaltimento del prodotto. Una volta terminata l’acqua all’interno della bottiglia, bisogna separare questa dal tappo, in quanto la bottiglia è biodegradabile e compostabile e va gettata nell’organico, il tappo invece è in PET e deve essere conferito nella raccolta differenziata della plastica. Infine, il gestore rifiuti provvederà a raccogliere e ad inviare negli appositi siti di compostaggio il rifiuto organico per uno smaltimento corretto.
Lo stato italiano e l’Unione Europa, cosa stanno facendo per aiutare e incentivare le aziende a offrire un prodotto sostenibile per l’ambiente? E che non incida sul consumatore?
Esistono dei bandi Europei Nazionali, all’interno del piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per favorire l’innovazione, la ricerca e la sostenibilità ambientale. Vi sono diverse opportunità per le aziende italiane, per progettare investimenti innovativi e sostenibili, grazie ai fondi stanziati dall’Unione Europea e dall’Italia.
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