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Tra guerra e natura. L’Ucraina e la rivoluzione verde 

Tra guerra e natura. L’Ucraina e la rivoluzione verde 

di Vincenzo Bellino

 

L’istinto, l’odio, l’egoismo verso il prossimo spingono l’uomo a fare la guerra, nonostante la piena coscienza di cosa comporti. Ad oltre un anno dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, il numero delle vittime aumenta e si aggravano i problemi energetici climatici in tutto il mondo: una tragedia umanitaria ed ambientale. 

Un ecocidio in atto 

La devastazione ecologica causata dalla guerra in Ucraina ha pochi precedenti nella storia: dall’inizio delle ostilità sono stati danneggiati circa il 20% delle aree naturali protette del Paese e 3 milioni di ettari di foreste, mentre altri 450 mila ettari si trovano in zone attualmente occupate o interessate dai combattimenti.

Secondo quanto riportato da un rapporto pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura ucraino e dalla Kiev School of Economy i danni causati all’agricoltura superano i 40 miliardi di dollari a cui si aggiungono 362,5 milioni di dollari dell’allevamento (719.000 capi di bestiame morti tra alveari, pecore, capre, bovini, maiali, polli e altri avicoli) e 1,5 miliardi di dollari legati alle risorse idriche. 

Anche l’ecosistema risente del conflitto, soprattutto quello marino. Gli esperti dell’Accobams (un trattato internazionale per la conservazione dei cetacei nel Mediterraneo e nel Mar nero) attestano che più di 700 delfini e focene sono morti a causa dell’attività militare, con vittime registrate in diversi Paesi del bacino del Mar Nero tra cui Bulgaria, Romania, Turchia e ovviamente Ucraina. I delfini, come tutti i cetacei, usano il suono come strumento di navigazione (ecolocazione, la stessa usata per esempio dai pipistrelli): il costante rumore di fondo nei loro habitat originari, al quale si aggiungono missili, bombe e sonar, sta quindi spingendo i cetacei a cercare il cibo altrove, spesso più vicino alla costa, dove rischiano però di rimanere intrappolati nelle reti per la pesca a strascico. 

Crisi energetica, stop ai combustibili fossili 

Porre fine allo scontro bellico diventa una priorità anche per accelerare la transizione energetica basata sulle fonti rinnovabili e abbandonare i combustibili fossili, prevenendo un ulteriore peggioramento della crisi climatica. 

Dall’ottobre 2022 gli attacchi russi hanno causato gravi danni all’infrastruttura energetica ucraina, lasciando milioni di persone al freddo in pieno inverno, interrompendo il funzionamento di ospedali e strutture mediche (più di 1000 danneggiate, più di 180 distrutte). Le autorità pubbliche preferirebbero rinforzare le proprie strutture attraverso fonti energetiche rinnovabili, tuttavia nelle circostanze attuali la fornitura di generatori di gasolio e benzina diventa fondamentale per garantire i servizi di base (illuminazione e riscaldamento) alle persone che vivono in edifici in condizioni critiche, nonostante non siano sostenibili, abbiano costi di gestione elevati e dipendano dalla disponibilità di combustibile. 

Se da una parte i prezzi del gas e dell’elettricità sono pesantemente sovvenzionati dal governo che deve far fronte ad una crisi umanitaria, dall’altra costituiscono il principale ostacolo ai progetti di efficienza energetica. Pertanto gli esperti e le organizzazioni della società locale chiedono che soluzioni diverse e alternative come le fonti rinnovabili, in particolare l’elettricità solare (fotovoltaico), siano introdotte per garantire una fornitura elettrica di emergenza per tutto il 2023. Ciò permetterebbe alle comunità ucraine di risparmiare preziose risorse finanziarie e consentirebbe sia una produzione di energia più decentralizzata, sia una maggiore resilienza basata su tecnologie sostenibili e neutrali per il cambiamento climatico. 

Il fotovoltaico: l’Ucraina guida la rivoluzione verde  

Nonostante gli obiettivi climatici non siano la prima priorità per l’Ucraina nelle attuali circostanze, le forme sostenibili di energia rinnovabile devono essere incrementate per sostenere gli ucraini e tenere il passo con gli obiettivi climatici globali e con le iniziative della “comunità delle energie rinnovabili” dell’Unione Europea. Tra le recenti iniziative promosse dalla Commissione Europea rientra il progetto Ray of Hope della Commissione Europea attraverso cui l’Enel si impegna a donare entro la prossima estate 5700 pannelli fotovoltaici all’Ucraina. 

Lo Stato ucraino è tra i pochi Paesi europei ad operare attraverso l’utilizzo delle “tariffe verdi”, acquistando tutta l’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici. La posizione geografica estremamente favorevole e la latitudine del Paese che permette molti giorni “solari” tra l’inizio della primavera e fino al tardo autunno costituiscono le principali motivazioni che hanno spinto il governo ucraino ad investire sugli impianti fotovoltaici. L’obiettivo per il 2030 in materia di energie rinnovabili è del 27% del consumo finale lordo di energia.

L’espansione e lo sviluppo della generazione di energia rinnovabile per le infrastrutture critiche in Ucraina rafforzerà la sicurezza energetica e la partnership con l’UE.

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