
Limitazione tratte aeree brevi: l’Italia come la Francia?

di Gianmarco Del Nero
Anche in Italia presto potrebbe essere vietato l’utilizzo del mezzo aereo per alcune tratte nazionali. È questa la linea che l’Italia sembra pronta ad adottare, prendendo esempio della legge “Climat e résilience” in vigore in Francia: provvedimento che l’UE ha giudicato positivamente, approvando però la cancellazione di solo tre delle otto proposte dal governo francese: Parigi Orly-Bordeaux, Parigi Orly-Nantes e Parigi Orly-Lione. Si stima solo così un risparmio totale di 55mila tonnellate di emissioni di CO2.
Da tempo l’Unione Europea cerca di adottare misure volte alla riduzione delle emissioni del traffico aereo, come ad esempio il “Sistema di scambio delle quote di emissione”, con l’obiettivo molto ambizioso di voler ridurre di almeno il 45% le proprie emissioni entro il 2030 rispetto al periodo preindustriale, arrivando al “sogno” emissioni zero entro il 2050. Il Parlamento europeo, inoltre, collabora con l’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale, al fine di implementare misure come il piantare alberi (controbilanciando, dunque, le emissioni) o la ricerca di combustibili più sostenibili.
Dai recenti dati dell’Agenzia europea dell’ambiente appare infatti evidente che, anche se il trasporto su strada risulta molto più impattante, il trasporto aereo rimane comunque il più inquinante, con un’impronta di carbonio pro capite maggiore. Se consideriamo globalmente tutta l’attività umana, il settore aereo produce il 2% circa delle emissioni di CO2.
I dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ci dicono, in definitiva, che gli aerei sono il mezzo di trasporto più inquinante, giacché un volo produce 285 grammi di CO2 per ogni passeggero (con una media di 88 persone a volo) per ogni chilometro percorso. Al contrario, un’automobile ne produce 42 per passeggero e per chilometro. Vanno considerate alcune eccezioni su viaggi a lunga percorrenza.
Dal 2019, le emissioni del trasporto aereo hanno visto una crescita del 146% rispetto al 1990. Una tendenza al rialzo, che confrontata con l’intero settore dei trasporti, si configura come la più alta.
L’approvazione dell’Unione Europea alle richieste transalpine, con queste premesse, pareva scontato (nonostante le proteste di varie associazioni aereoportuali): secondo l’articolo 20 del Regolamento europeo dei servizi aerei, ogni stato dell’Unione può decidere, in caso di problemi ambientali, di limitare o rifiutare l’esercizio dei diritti di traffico, soprattutto in presenza di alternative valide.
Nella fattispecie, la legge francese prevede proprio l’abolizione di quelle tratte dove, per lo stesso tratto da percorrere “in volo”, è già presente un’altra modalità di collegamento, ad esempio un treno ad alta velocità che copra la tratta coinvolta in non più due ore e mezzo, più volte al giorno e senza necessità per il passeggero di dover cambiare mezzo. Inoltre, il viaggiatore dovrà usufruire della possibilità di rimanere nella città di arrivo almeno per otto ore, tempo che dovrà quindi obbligatoriamente intercorrere tra il viaggio di andata e quello di ritorno.
Il nostro Paese potrebbe ben presto introdurre limitazioni simili, intervenendo così su una tematica oggi molto dibattuta. Analizzando i dati all’interno dei nostri confini, l’Italia è il quinto Paese in Europa per numero di passeggeri trasportati, preceduti solo da Regno Unito, Germania, Spagna, Francia; è, inoltre, al secondo posto per il trasporto di passeggeri sul territorio nazionale, dove siamo preceduti dalla Spagna.
Fiumicino, nono aeroporto europeo per flusso complessivo di passeggeri (43,5 milioni) dal 2018 al 2019 ha vissuto una crescita del 1,3%, lo scalo milanese di Malpensa addirittura del 16,7% nello stesso periodo.
Dal momento dell’approvazione di tali normative anche in Italia, le tratte a rischio sarebbero ad esempio Roma-Napoli, Roma-Pisa, Roma-Firenze, Roma-Bologna; tutte quelle che, per intenderci, sono già coperte dall’alta velocità ferroviaria, permettendo di affrontare il viaggio con tempistiche simili. Un tale cambiamento prevederebbe anche l’adeguamento infrastrutturale in molte zone d’Italia, dove l’inevitabile carenza strutturale di strade e ferrovie, fa si che il mezzo aereo sia ancora l’unica alternativa possibile per tratte di breve/media durata. Il volo Trapani-Catania è un esempio di ciò che potrebbe banalmente essere evitato se le infrastrutture lo consentissero.
Una riduzione considerevole delle emissioni di CO2 si avrebbe quindi se come scelta alternativa si optasse per il treno, che con 44 g di CO2 per Km percorso è il mezzo green per eccellenza. Secondo Ecopassenger, un sistema di calcolo sviluppato dall’ Union Interationale des Chemins de Fer (UIC), che confronta il consumo di energia, le emissioni di CO2 e altri impatti ambientali per aerei, automobili e treni nel trasporto passeggeri, un viaggio aereo da Roma a Milano emette 113,2 kg di CO2 per passeggero, a differenza degli 85,4 Kg di un viaggio in auto e dei soli 25,3 Kg di CO2 per passeggero del mezzo ferroviario. Si deduce che l’aereo, alle volte economicamente imbattibile, non è per nulla ecologicamente sostenibile: basti pensare ai famosi voli low-cost che permettono con pochi euro di viaggiare da uno Stato all’altro, presentando però il vero conto da pagare all’ambiente.
La norma vedrà un approfondito dibattito prima della sua effettiva applicazione all’interno dei nostri confini nazionali. Ad ogni modo, nel contesto di una decisa e auspicabile virata ecologica, è impensabile in un futuro prossimo non considerare come inevitabile l’applicazione di restrizioni simili con ancora più frequenza. Lo scorso 4 aprile, ad esempio, l’aeroporto Schiphol di Amsterdam, uno dei più grandi d’Europa, ha annunciato che introdurrà il divieto per i jet privati entro il 2025 per limitare le emissioni di gas serra, una delle cause principali del cambiamento climatico.
A tutela dell’ambiente, in uno scenario di cambiamento climatico sempre più estremo, provvedimenti del genere appaiono inevitabili per “tarpare le ali” all’inquinamento.
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