
Senza troppo rumore. Gli attivisti in Emilia-Romagna

L’impegno di XR e altri nuclei in Emilia-Romagna, raccontato da Linda Maggiori
di Sabia Braccia
In poco più di due settimane due alluvioni hanno devastato l’Emilia-Romagna causando ingenti danni, 14 morti e circa 36.000 sfollati. La regione, ieri visitata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, adesso attende l’esito del Consiglio dei Ministri di domani, dedicato ai primi provvedimenti per l’Emilia-Romagna e parte delle Marche e della Toscana, mentre lo stato di emergenza è già stato dichiarato il 4 maggio in seguito alla prima alluvione. Mentre l’acqua ha iniziato a ritirarsi a Faenza, Forlì e Cesena, permettendo le prime operazioni di rimozione dello spesso strato di fango, a Ravenna la situazione è ancora critica. Per questo è stata confermata l’allerta rossa nelle province più colpite, soprattutto per le piene dei fiumi, dei corsi d’acqua minori e per il rischio di frane (in Appennino sono state circa 300 in questi giorni).
Tanti gli interventi e le dichiarazioni relativi all’alluvione, alcuni dal sapore particolarmente amaro. I negazionisti hanno ironizzato sul legame fra alluvioni e siccità, altri si sono concentrati tanto sul peso della vegetazione ripariale e delle tane di mustelidi e roditori e poco sull’eccessivo consumo di suolo che caratterizza la regione. Altri ancora, come il giornalista Enrico Mentana, si sono rivolti agli attivisti di Ultima Generazione e di Extinction Rebellion, dicendo loro di aver perso l’occasione di aiutare a spalare il fango, anziché protestare in tv o con vari imbrattamenti, attuando una «più sana, ma faticosa, militanza». In realtà gli attivisti di Extinction Rebellion e di altri movimenti erano già in Emilia-Romagna, stavano raccogliendo materiali di prima necessità, stivali e pale e aiutando nella pulizia. Da quando strade e ferrovie sono tornate agibili inoltre, anche i nuclei di Bologna hanno raggiunto Faenza per esempio, rendendosi utili senza sbandierarlo ai media o sui social.
Una voce “dall’interno”: Linda Maggiori
Abbiamo affrontato l’argomento con Linda Maggiori, attivista di Extinction Rebellion Faenza e di Faenza Eco-logica, blogger del «Fatto Quotidiano», scrittrice e collaboratrice di «Envi.info», «Altraeconomia», «Aam Terra Nuova» e «il manifesto».

Linda Maggiori
Da attivista insieme al suo gruppo da anni si batte per contrastare alcune pratiche che interessano la città di Faenza come, per esempio, l’urbanizzazione selvaggia e l’eccessiva cementificazione. Una delle loro battaglie a Faenza riguarda la zona della Ghilana a poche centinaia di metri dal fiume, dove c’è un orto che dovrebbe essere sostituito da una dozzina di villette, cementificando ulteriormente un’area alluvionale e ora alluvionata per costruire edifici e parcheggi. Adesso Linda ed altri attivisti si stanno battendo per ripulire la città, la loro città, insieme a volontari, amici e conoscenti, tutti sgomenti davanti a un disastro assolutamente «fuori scala» anche per la popolazione più anziana, che non ricorda niente di simile di queste proporzioni. Linda sottolinea poi come nel discorso pubblico sulla crisi climatica si parli tanto di previsioni e scenari al 2030 e al 2050 mentre l’alluvione ci costringe a ripensare queste date, rendendo più allarmante il problema: «siamo stati tutti colti di sorpresa, ma è quello che gli scienziati dicono da tempo». Il clima è sempre più “tropicale”, alterna periodi di siccità a piogge lunghe e concentrate, alluvionali. Le strade di Faenza in questi giorni rimandano a immagini e scenari di guerra; tante zone sono ora fortunatamente accessibili ma nei giorni precedenti i soccorsi non riuscivano ad arrivare ovunque e purtroppo alcune aree rimangono tuttora isolate. A Faenza c’è chi è stato costretto ad evacuare da più sistemazioni e adesso si sente “profugo climatico”, c’è chi ha paura di tornare nella propria casa vicino al fiume.
Alla provocazione di Mentana Linda dedica solo poche parole, definendola “ridicolaggine”: gli attivisti hanno immediatamente iniziato ad aiutare senza annunciarlo o pubblicizzarsi; si sono attivati e hanno visto arrivare anche nuclei da altre città, in varie zone alluvionate di tutta la regione. Sicuramente le modalità di protesta di alcuni gruppi cercano un alto livello di spettacolarizzazione ma si sta diffondendo nel discorso pubblico una criminalizzazione di queste pratiche e degli attivisti stessi davvero eccessiva.
Ripartire con un passo diverso
Nell’evitare catastrofi simili resta l’attenzione su chi agisce sul territorio e ne pianifica lo sviluppo. Per esempio, il sindaco di Ravenna Michele de Pascale e il Presidente della Regione Stefano Bonaccini spingono per rendere l’Emilia-Romagna (e Ravenna nello specifico) “hub nazionale di gas e rinnovabili”, per andare nel solco della transizione energetica ma risolvere nel frattempo la crisi energetica sviluppatasi con la guerra in Ucraina con i rigassificatori. Nel caso del gas si parla addirittura di convogliare a Ravenna le navi rifiutate a Piombino. Ma la crisi eco-climatica è in atto e continuare a rivolgersi al fossile rimandando al futuro la transizione vera e propria o continuare a proporre vecchi modelli e stili di vita non è assolutamente risolutivo. Pensiamo a soluzioni alternative, guardiamo avanti, anche nella negatività del disastro; ora mezza Faenza è senz’auto a causa dell’alluvione, quindi implementiamo il trasporto pubblico, i servizi di car sharing, le pratiche sostenibili che possano aiutare la cittadinanza che ha perso tanto (Linda e la sua famiglia sono veterani in questo senso, hanno abbandonato l’auto anni fa). Se è vero che dobbiamo cominciare a pensare alle pratiche di adattamento perché fermare il cambiamento climatico non è qualcosa di immediato, è però anche vero che nel frattempo dobbiamo continuare a presentare il problema a governi ed amministrazioni, aumentarne e diffonderne la consapevolezza.
Quella di Linda Maggiori è una delle migliaia di voci coinvolte, voci di cittadini che vogliono una soluzione, voci di persone che hanno subito danni e perdite, di sfollati, di chi ha paura di tornare a casa. Voci che siamo costretti ad ascoltare come invece non abbiamo fatto per altre voci che da anni, e ancora oggi, protestano e denunciano il problema.
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