
Beach Litter 2023: spiagge affollate… da troppi rifiuti

di Sabia Braccia
Ieri è stato il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno e il primo della nuova stagione. L’inizio dei tre mesi generalmente connessi a caldo, vacanze, ferie e mare; un mare davvero poco rispettato però, stando all’Indagine Beach Litter 2023 di Legambiente.

Composizione Beach Litter 2023 – Legambiente
Sì, perché uno dei più grandi problemi delle coste marine e oceaniche resta il “marine litter”, l’insieme dei rifiuti abbandonati sulla spiaggia che va ad intaccare profondamente l’ecosistema marino arrecando danni di varia entità, spesso difficili da quantificare. Solitamente gli impatti del marine litter vengono classificati a seconda della categoria interessata: da un lato abbiamo le conseguenze sugli ecosistemi marini, dall’altro quelle sul turismo, sull’economia e sulla fruizione delle spiagge da parte dell’uomo. Legambiente, grazie ad un progetto di citizen science, ha monitorato 38 lidi di 15 regioni italiane: Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il risultato dell’Indagine ha mostrato che su un totale di «232.800 mq di area campionata sono stati contati 36.543 rifiuti, una media di 961 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia», di cui il 72,5% composto da polimeri artificiali/plastica. Molto particolare anche la tipologia di questi rifiuti: su 180 categorie di oggetti la metà di essi è costituita da 10 tipologie, che comprendono frammenti di plastica, tappi e coperchi, mozziconi di sigaretta, cotton fioc in plastica, frammenti di polistirolo, contenitori per bevande, bottiglie di plastica e di vetro, materiale da costruzione e stoviglie usa e getta (in calo rispetto agli anni passati).
Marine litter: conseguenze e monitoraggio
Gli effetti di questi rifiuti dipendono dalla loro dimensione, dal materiale e dalla fauna che con loro entra in contatto; se alcune specie “opportuniste” possono usarli come rifugi, altre invece possono trovare la morte a causa del soffocamento, dell’imbrigliamento o della tossicità di alcuni di essi, la cui degradazione può comportare lo sviluppo di particolari microorganismi o sostanze chimiche nocive. Quello dei rifiuti maini è un punto talmente delicato per il nostro Mediterraneo da essere uno dei descrittori (categorie da monitorare) della Strategia per l’ambiente marino, gestita dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed elaborata sulla base di una Direttiva Europea del 2008 (Direttiva quadro 2008/56/CE). La Strategia prevede una valutazione iniziale dello stato delle acque marine subito seguita dall’elaborazione dei requisiti di Buono Stato Ambientale (detto anche GES – Good Environmental Status) sulla base di 11 descrittori. Vengono poi definiti i Traguardi ambientali da raggiungere ed elaborati Programmi di Monitoraggio e Programmi di Misure per controllare, raggiungere e mantenere il GES.
Il potere di ognuno
A livello del singolo cittadino invece moltissime iniziative sono sorte in questi anni per “ripulire le spiagge” attirando volontari nell’intento di contenere e monitorare il problema; alcune di esse, come il CleanUp the Med di Legambiente sono trentennali, mentre altre come il Ri-Party-Amo del WWF sono più recenti e strutturate in modo da pulire spiagge, margini e fondali, ricostruire la natura e formare i giovani. CleanUp the Med dal 1993 ha organizzato 3000 iniziative coinvolgendo migliaia di persone. Nell’edizione 2023 sono state organizzate iniziative da «100 associazioni distribuite in 17 Paesi del Mediterraneo» sette dei quali, Italia, Grecia, Spagna, Egitto, Tunisia, Libano, Giordania, coinvolti dal progetto europeo Plastic Busters CAP.
Queste campagne, unite alle tante altre più piccole e locali, non risolvono però il problema: il Mediterraneo, noto per essere un ricchissimo hotspot di biodiversità, sta diventando tristemente famoso per l’ingente quantità di rifiuti plastici nelle sue acque… ripulire a posteriori è lodevole e sicuramente molto utile a contenere il problema, ma solo quando il numero di rifiuti comincerà a scendere si potrà tornare a navigare in acque davvero sicure.
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