
Biova Lemon, nei limoni brutti c’è la birra buona

di Natascha Mengozzi Scannapieco
“Biova Lemon è uno dei progetti più divertenti e innovativi di questa stagione. Un prodotto che già dalla sua creazione nasce per uno scopo preciso, ovvero dare una seconda possibilità a quei frutti della terra che per motivi estetici e commerciali non sono stati valorizzati dalla distribuzione tradizionale”. Queste le parole di Franco Dipietro, Founder e Ceo di Biova Project, progetto di economia circolare che si impegna a ridurre gli sprechi alimentari attraverso la produzione di birre di alta qualità. Insieme a Babaco Market, e-commerce online dove è possibile acquistare e ricevere direttamente a casa frutta e verdura salvati dallo spreco, Biova Project ha lanciato sul mercato Biova Lemon, una birra dal gusto agrumato e ottima per l’estate, prodotta con i limoni imperfetti, i “brutti ma buoni” che nessuno vuole: limoni deformati, con difetti di buccia, troppo grandi o troppo piccoli, ma ugualmente gustosi.
Entrambe queste realtà conducono ormai da anni la loro lotta allo spreco alimentare con politiche sostenibili basate sul recupero di una parte dello scarto che le grandi aziende agricole sono costrette a buttare per motivi estetici. Basti pensare che per la produzione della birra Biova Lemon sono stati salvati 200 Kg di limoni. Si stima infatti che solo in Europa ogni anno vengono buttate via 50 milioni di tonnellate di frutta e verdura perché non rispecchiano gli standard estetici imposti dall’Unione Europea. Esistono dei parametri piuttosto rigidi per poterli immettere nel mercato che riguardano la dimensione, la forma e l’aspetto della buccia: quest’ultima non deve avere ammaccature o graffi dovuti allo sfregamento con rami e terreno; la forma deve essere regolare per poter facilitare il processo di confezionamento e la dimensione deve rispettare un diametro massimo calcolato con appositi strumenti già nel momento della raccolta. Requisiti paradossali se si pensa che parliamo di cibo coltivato la cui produzione varia in base a fattori ambientali e climatici, quindi imprevedibili e incontrollabili per l’uomo. Inoltre, i danni di questo atteggiamento non riguardano solo l’agricoltore, che ogni anno butta tra il 20% e il 70% del raccolto, ma anche l’ambiente, considerando l’ingente quantità di acqua, suolo e risorse necessarie nella filiera agricola. Un rapporto dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) del 2021 stima che, a livello globale, l’8%-9% delle emissioni di gas serra siano dovute allo spreco alimentare. La World Organization for International Relations ha lanciato l’allarme spreco e dichiarato il 2023 come “Anno del Cibo” visto l’aggravarsi della situazione anno dopo anno.
Le possibili soluzioni contro lo spreco alimentare
In Italia esistono soluzioni già in atto per ovviare allo spreco alimentare, come vendere parte del prodotto scartato ad aziende impegnate nella trasformazione in succhi e derivati, ma non sono ancora obbligatorie come invece lo sono, per esempio, in Spagna. Da quest’anno, infatti, nel Paese iberico è entrata in vigore una legge che vieta lo spreco di cibo, frutta e verdura, obbligando le aziende a riusare i prodotti non conformi della raccolta e a trasformarli o a destinarli all’alimentazione animale.
Oltre alle già citate Babaco Market e Biova Project segnaliamo anche Bella Dentro: nata nel 2018, è la prima realtà in Italia che, per ridurre lo spreco ortofrutticolo, acquista direttamente dalle aziende e rimette sul mercato gli ortaggi imperfetti tramite l’iniziativa “L’Ape Bella Dentro” e un negozio aperto a Milano a ottobre 2020. Complessivamente, queste realtà hanno salvato negli ultimi anni 1.700 tonnellate di cibo, dimostrando anche che quando l’acquirente ne ha l’occasione, spesso sceglie andando oltre l’aspetto estetico. Sarebbe opportuno quindi rendere questa possibilità concreta e a portata di tutti. Per esempio si potrebbe cominciare con una piccola sezione nei supermercati dedicata ai “brutti ma buoni” o con campagne di sensibilizzazione sull’argomento. Ne è un esempio quella realizzata da Cameo nel 2021, Senso di Polpa, che invoglia le persone a non buttare la frutta ammaccata e a riutilizzarla, ad esempio trasformandola in una gustosa marmellata.
Infondo lo facciamo tutti: quando andiamo a comprare frutta e verdura o quando apriamo il frigo di casa ci addentriamo alla ricerca del frutto perfetto, della mela senza ammaccatura, del broccolo senza macchia, della zucchina dalla forma perfetta. Ma a quale prezzo? 6.48 miliardi è il costo dello spreco alimentare nelle case degli italiani registrato dal Rapporto di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, “Il caso Italia 2023” reso pubblico il 5 febbraio 2023 a Roma. Proprio in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare è stata presentata anche la nuova applicazione istituzionale Sprecometro che permette di tenere un diario giornaliero dello spreco e offre suggerimenti per migliorare. La registrazione e l’uso sono gratuiti e per prima cosa è necessario fare un test sulle proprie abitudini quotidiane e settimanali. I risultati potranno davvero sorprendervi, chi scrive infatti non pensava di essere una sprecona eppure:
Un risultato che da un lato mi lascia davvero sorpresa e amareggiata, dall’altro mi obbliga a delle domande e a cercare un cambiamento, perché 700 grami di cibo sprecato settimanalmente non sono sostenibili da nessun punto di vista. Io ti ho detto il mio, e tu? Quanto sprechi alla settimana? Corri a fare il test!
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